Recensione: United Abominations
United Abominations è un disco che funge da collante tra passato e presente, che comprime ogni passo falso in un piccolo ricordo. È un disco che è capace di accantonare dalla memoria un capitolo poco riuscito come Risk e di valorizzarne altri, su tutti The World Needs A Hero. Qui dentro c’è un po’ di tutto. È una sintesi ben riuscita dei pregressi discografici ed un ulteriore passo in avanti rispetto al precedente full-length The System Has Failed.
Nel corso degli anni post-Youthanasia, il mastermind californiano aveva smarrito la via e non solo quella che conduceva verso le fresche fonti che alimentavano la vitalità del songwriting, ma pure quella che rabbiosamente ne ispirava l’espressività a livello di cantato. La componente che faceva presagire l’aver toccato il fondo era da ricercarsi nella capacità espressiva di linee vocali che nel corso degli anni avevano incentrato nella spontanea rabbia contro il mondo la loro profonda invettiva. Gli ultimi anni sono stati però deludenti e di questo siamo un po’ tutti consapevoli.
Molte uscite hanno portato alla convinzione che le idee stessero oramai raschiando il fondo di un’ispirazione rinsecchita e sterile, capace di produrre cioè solo mediocri sprazzi di creatività. Era questo il primo nodo critico da ristrutturare. Dave lo aveva capito ed aveva capito anche che tutti lo aspettavano al varco. Doveva fare quello che gli piaceva, come in passato. Infarcire di melodia la sua aggressività, trasformarla in violenta malinconia. Per farlo doveva mescolare questi ingredienti a thrash e speed, come i vecchi tempi, per ritrovare il giusto equilibrio chimico e deflagrare nuovamente in aggressione pura ed impattante.
La difficoltà stava proprio nel mettere da parte l’orgoglio e, vis a vis, con la propria storia, “fare esame di coscienza artistica” e rinnovare tutto ciò che di buono era stato fatto. Un primo seminale passo in tale direzione era stato compiuto nel 2004 con The System Has Failed, un tentativo che, però, lasciava trasparire ancora una certa forzatura stilistica. Considerato che la forza del Megasound ha sempre avuto nell’atteggiamento passionale il fulcro equilibrante si parlò ancora di mezzo passo falso.
United Abominations è un album che finalmente esaudisce più di qualche desiderio. Uno su tutti credo quello dello stesso Mustaine: aver ritrovato se stesso e l’artista più cristallino che dimora nella sua anima.
La sua percezione del mondo e dei problemi politico-sociali che lo investono quotidianamente viene espressa dalle lyrics che non lasciano adito a dubbi, così è sempre stato. Ecco allora un songwriting pregno di speed metal e thrash, melodico, violento e che non getta alle ortiche niente, nemmeno qualche sfumatura di matrice più heavy. Quello che però colpisce più positivamente d’ogni altra cosa è Dave Mustaine stesso.
Un frontman rinato e capace di sputare fuori ancora veleno, quel veleno che ha sempre costituito la linfa vitale della creatura Megadeth. Un battito che sembrava pian piano spegnersi in maniera inesorabile ha rialzato le frequenze ed ora pompa un riffing potente e veloce come se ne possono sentire a tonnellate in un capolavoro come Sleepwalker. L’opener strizza l’occhio ai capisaldi del thrash più speed che negli anni addietro solo grandi nomi hanno saputo interpretare in maniera eccellente e di cui Rust In Peace stesso ha dato largo sfoggio (sebbene non ne vengano raggiunti i livelli). Washington Is Next! sembra potersi collocare tra Countdown To Extinction e Youthanasia in quanto intrisa di melodicità e dotata di un refrain a presa diretta. Anche questo un capitolo decisamente riuscito.
Never Walk Alone… A Call To Arms presenta un guitar work eccellente, soprattutto in riferimento all’esecuzione di Glen Drover negli assoli. Punte di elevata qualità si attestano anche in Blessed Are the Dead e Burnt Ice che, sebbene non brilli di luce propria (si colgono esplicitamente i riferimenti ispirati al più splendido passato), ha la capacità di illuminare di lampanti bagliori tecnici e compositivi i secondi che la scandiscono. Preferisco non proferir parola in merito alla rivisitazione di un semi-masterpiece come A Tout le Monde (Set Me Free), che nell’occasione perde moltissimo fascino attestandosi purtroppo come anello debole dell’intera e vincente tracklist (Cristina Scabbia brava, ma inadatta al ruolo che le viene chiesto di ricoprire).
In sostanza la tracklist è un susseguirsi di brani che sfoggiano ottime melodie, validissimi refrain ed incalzanti break. L’album si attesta principe anche in merito alle parti soliste. Se ne ritrovano a bizzeffe in tutte le song: assoli veloci e curati, coinvolgenti e penetranti. Non si parla di assoli filler, ma di vere raffiche di speed, sebbene la qualità non riesca ad eguagliare i sinergici ed immortali duetti intrapresi con Marty Friedman.
Altra idea azzeccata, quindi, la line-up. L’affiatamento nelle sezioni ritmiche è totale. Il background artistico di James Lomenzo non è da poco se si pensa ai vari Zakk Wylde, Black Label Society e Pride & Glory, gente che di tiro se ne intende. Glen Drover nel suo piccolo non fa rimpiangere i colleghi dei migliori tempi passati e il drumming di Shawn Drover è incalzante, preciso e senza eccessi, così come deve essere.
Il disco della rinascita. Dave Mustaine è tornato. Il thrash-core sta già riemergendo per mano di molti così come aveva chiuso la parentesi 80’s. Ora è arrivato il momento del Thrash metal moderno, quello vero ed ispiratore. Il Bay Area rimarrà una memoria storica indimenticabile, nessuno è riuscito a ripetersi ancora e nessuno riuscirà mai più a riproporlo in tutto il suo intrinseco splendore. I tempi sono andati, si sa, ed è giusto così. Il punto di partenza si chiama invece United Abominations perché non c’è cosa migliore che il rinascere dalle proprie ceneri. Che serva da esempio a più di uno.
Nicola ‘nik76’ Furlan
Tracklist:
01 Sleepwalker
02 Washington Is Next!
03 Never Walk Alone… A Call To Arms
04 United Abominations
05 Gears of War
06 Blessed Are the Dead
07 Pray for Blood
08 A Tout le Monde (Set Me Free)
09 Amerikhastan
10 You’re Dead
11 Burnt Ice