Recensione: Unity

Di Carlo Passa - 27 Gennaio 2023 - 10:28
Unity
Band: Arctic Rain
Etichetta: Frontiers Music Srl
Genere: AOR 
Anno: 2023
Nazione:
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77

Sono già passati tre anni da The One, album di debutto dei rocker svedesi Arctic Rain, e qualcosa è cambiato. Se il mondo si è risvegliato dalla pandemia che avvolse l’uscita di quel disco (per ritrovarsi in acque pur peggiori), nel loro piccolo gli Arctic Rain hanno cambiato tastierista e batterista. A chi pare cosa da poco va detto che, nei confini della band svedese, trattasi di una piccola rivoluzione, considerando che l’ormai ex tastierista Pete Alpenborg era stato, insieme al chitarrista Magnus Berglund, l’anima originaria della band e il principale autore dei suoi pezzi.
Ecco, dunque, che proprio l’avvento dietro ai tasti bianchi e neri di Kaspar Dahlqvist non può che prospettarci un qualche cambio di direzione nella proposta degli Arctic Rain, che in effetti in questo Unity si sono fatti leggermente più rock, pur non rinnegando quei tratti caratteristici che furono già di The One. Insomma, siamo ancora lì, in quel (bel) posto confortevole tra i primissimi Bon Jovi, i Fair Warning e, per venire a protagonisti più recenti, gli Eclipse e gli W.E.T.
Gli anni Ottanta e gli acerbi anni Novanta, appena prima dello tsunami Grunge, la fanno da padrone in tutto: arrangiamenti, melodie e assolo di Unity sono un balzo filologico in quel tempo lontano, ma reso vicinissimo proprio dalla passione di quelle band svedesi che, nell’ultimo decennio, lo hanno rivitalizzato tanto bene.
Tobias Jonsson presta la voce a bei pezzi tirati senza mai strafare, come One World, Unity e Fire In My Eyes, quest’ultima evidentemente debitrice (rispettosamente) della lezione delgi inarrivabili Journey.
Kaspar Dahlqvist vuole ritagliarsi un ruolo da protagonista; ed, ecco, dunque, che i brani di Unity si vestono di giri di tastiera che fanno da tappeto a strofe belle dinamiche e ritornelli anthemici, come nel caso di Peace Of Mind.
E se Laughing In The Rain emana un po’ di profumo degli H.E.A.T., Believe è una ballatona pomposa tipicamente svedese: se amate il genere, non potrete non apprezzarla.
E così via, lungo un disco che non annoia, in virtù dei propri pezzi più hard, come Out Of Time e, soprattutto, quella Kings Of The Radio che considero il brano migliore di Unity.
Il piedino tiene il tempo sulla scanzonata When We Were Young, mentre Time For A Miracle ha un tono più oscuro nella strofa per poi rilasciarsi ariosa nel ritornello, sapientemente regalando di dinamismo la scaletta di Unity, che si chiude con la tastierosa ballad The Road Goes On, un buon esercizio di stile dagli arrangiamenti eleganti.
Come già fu per The One, anche Unity non delude e, anzi, offre momenti piacevoli in un contesto meno “unico” e statico di quanto sembri. Il melodic rock, questa volta declinato con un particolare accento proprio sul rock, non smette di stupire per la propria accanità longevità, sempre capace di rialzarsi dalle ceneri grazie ai musicisti che lo incarnano e agli appassionati che ne godono. Non esitate a essere tra loro.

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