Recensione: Universe Calls

Di Carlo Passa - 24 Agosto 2024 - 8:30
Universe Calls
Band: Paralydium
Etichetta: Frontiers Music Srl
Genere: Progressive 
Anno: 2024
Nazione:
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78

Secondo album per i Paralydium, a quattro anni di distanza dal promettente Worlds Beyond.
Autori di un prog metal certo canonico e datato, ma d’indiscutibile qualità, gli svedesi riescono a sfruttare bene le variegate maglie del genere grazie alle notevoli potenzialità dei propri membri. Su tutti, il chitarrista e principale compositori John Berg si conferma un valido epigono di Michael Romeo, che va qui considerato più un’ispirazione che un modello: ed è un bene.
Proprio i primi Symphony X, quelli meno thrashy, sono il riferimento più esplicito dei Paralydium, benché Sands Of Time richiami piuttosto le melodie più accattivanti dei Seventh Wonder o dei Vanishing Point. Certo tipicamente prog metal è la seguente Forging The Past: dieci minuti di cangiante epicità che non possono non essere debitori delle atmosfere che Images and Words scolpì nella pietra più di tre decenni fa. Il tastierista Mike Blanc sale sugli scudi, regalando suoni e assoli ottimamente melodici e mai scadendo nella sterile ostentazione tecnica: e forse è proprio questo il valore aggiunto di Forging The Past, e dei Paralydium stessi.
Sale ancora il minutaggio con The Arcane Exploration Pt. I, che ribadisce le ispirazioni degli svedesi, incrociando i Dream Theater con i Symphony X e infarcendo il tutto con una bella dose di epicità onirica e, appunto progressiva. Rispetto a Forging The Past, la prima parte della suite The Arcane Exploration è forse meno ispirata e più slabbrata; tuttavia, la band riesce a giostrare atmosfere diverse, come il canone del genere richiede, regalando bei momenti all’ascoltatore che vorrà dedicarsi all’ascolto non distratto di Universe Calls.
Caught In A Dream è un pezzo più semplice: dopo un attacco molto aggressivo, sfocia in un diluvio di melodie piacevolissime che riportano alla mente i Vanden Plas e i primissimi vagiti degli Ivanhoe.
L’evocativa strumentale Interlude introduce la seconda parte The Arcane Exploration, che suona esattamente come ve l’aspettereste: una enorme suite piena di cambi d’atmosfera (ben orchestrati), di assolo (motivati) e di linee melodiche interpretate prima ancora che eseguite da una voce perfetta per il genere. Certo, non siamo davanti a The Divine Wings of Tragedy o A Change of Seasons, ma certo a un ottimo brano, che rappresenta il precipitato più sostanzioso di Universe Calls.
Così si chiude Universe Calls, un bel disco che sarebbe potuto uscire uguale nel 1999, forse riuscendo ad avere del successo in quegli anni che, sull’onda di Images and Words, furono apicali nella storia del prog metal. Oggi cosa sarà di Universe Calls e dei bravi Paralydium? Il miglior augurio che posso fare agli svedesi è d’incrociare le orecchie e i cuori attenti di un gruppo, pur sparuto, di ascoltatori che sappiano ancora godere di un quarto d’ora di suite, lasciandosi cullare dalla sola musica, senza nel frattempo cadere nelle tentazioni della sempre presente Rete. Il prog metal richiede richiede attenta dedicazione ed è anche per questo che il tempo attuale, fatto di effimere fruizioni, non è forse più adatto alle lunghe e cangianti riflessioni progressive veicolate dalla musica. Per fortuna, c’è chi dice no e, pur cosciente di lottare contro la corrente, oppone solidità a superficialità: i Paralydium sono tra costoro. Premiamoli con un po’ di meritata attenzione.

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