Recensione: Unleashed Dogs
Lenta ma inesorabile, moderata ma costante, prosegue la crescita dei bolognesi Black Rose, realtà hard rock di casa nostra profondamente radicata nella scena – al punto da poter essere definita quasi “storica” – che solo ora ottiene il giusto riconoscimento e la possibilità di confrontarsi in modo concreto tra i veri professionisti.
Esempio di costanza e pervicacia, Max Gazzoni, leader e singer del gruppo, è uno di quei personaggi che alla musica hanno dedicato tutto e che di cose da raccontare ne hanno parecchie.
“Unleashed Dogs”, primissimo album “ufficiale” in quasi vent’anni di carriera, evidenzia in modo lampante ed inequivocabile il profondo amore del suo deus ex-machina per tutto l’immaginario sonoro capace di caratterizzare decadi gloriose del rock d’alta classe, sempre marchiato dallo stile inconfondibile di muse antiche come primi Whitesnake e Deep Purple e rispettosamente omaggiato da un songwriting che esprime un’anima dalle tinte blueseggianti, mai predisposta alla soluzione “facile”, quanto piuttosto dal profilo elegante e ricercato.
Prendono vita in questa precisa dimensione i dieci capitoli offerti da una tracklist meditata, ove il rock si equilibra con suggestioni talora soffuse e rarefatte, in un mix di episodi che si legano a doppio filo con quanto già proposto nel full leght autoprodotto del 2006, il gradevole e bene augurante “The Return Of The Black Rose”. Alcuni brani risultano, infatti, essere brillante ripescaggio di materiale già composto in epoche meno recenti: sarebbe stato effettivamente un vero peccato, smarrire la bontà della solida title track “Unleashed Dogs” o della grintosa “Bad News”, per citare qualche esempio, canzoni che mostrano come lo stile e le doti in termini di intuizioni melodiche e di approccio alla buona musica, non siano mai scarseggiati in casa Black Roses.
Mancava invece una produzione professionale – grande pecca che avevamo rilevato e stigmatizzato in tempi non sospetti – onde garantire alla proposta del gruppo felsineo una maggiore efficacia.
L’acquisizione dei servigi di un esperto e navigato tecnico del mixer come Alessandro del Vecchio, già responsabile dei suoni in numerosi album usciti dalla scena italica (Moonstone Project ed Edge Of Forever su tutti), ha potuto finalmente provvedere a questa mancanza, garantendo maggiore impatto e pulizia a tracce che – scelta invero insolita, ma alla resa dei conti tutt’altro che errata – sono state modellate su sonorità tipicamente “vintage”, alla rincorsa di quel fascino arcano, da sempre appartenuto al rock della scuola seventies.
Migliora anche la componente dinamica, altra zona d’ombra della precedente uscita, qui almeno in parte sanata. Qualche momento più “sonnacchioso” è ancora rilevabile, ma in una misura di certo più contenuta.
Miscela di toni sostenuti e d’atmosfere maggiormente oniriche, si diceva. Non stupisce a tal proposito, scoprire come i due colpi vincenti del disco appartengano equamente sia all’uno che all’altro versante. La scattante “Billy”, altro “riciclo” eccellente, offre la versione più immediata e diretta dei Black Rose, dipanandosi su strutture ancora una volta mai banali, in cui prendono posto azzeccati inserti di chitarra ed un buon ritornello. D’altro canto, la trama melodica e notturna di “Streets Of Love”, porta alla ribalta atmosfere di gran classe, in una power-ballad ricca di passione che davvero rievoca memorie di tempi lontani, accoppiando l’AOR con risvolti di chiaro stampo hard rock.
Da menzionare inoltre, la riuscita “From Livin’ Tears”, episodio in cui meglio di altri, appare manifesto il connubio tra stiloso hard rock (non a caso, vicino ad Axe ed Edge Of Forever) e cadenze blues, ben interpretato dal bravo e sicuro Gazzoni.
Come sempre autorevole la prova del singer bolognese, così come efficace la band nel suo complesso, in grado di mostrare affiatamento e compattezza utili per mandare in archivio una prestazione avara di pecche e passi falsi.
È un piacere dunque, ritrovare finalmente i Black Rose alle prese con un album in grado di rendere giustizia agli sforzi profusi ed al loro talento, per molto tempo rimasto a sedimentare colpevolmente nell’underground.
“Unleashed Dogs” è un disco di classe, a differenza di tante novità “usa e getta”, dotato di risvolti nascosti che solo un buon numero di passaggi ed una discreta familiarità, sono in grado di rivelare appieno.
Un omaggio alla vecchia scuola, quella forse un po’ sorpassata e per certi versi remota, che tuttavia non manca mai di affascinare e rivelarsi piacevole compagnia.
Un altro passo avanti. Ed ora, via su questa strada.
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Tracklist:
01. Unleashed Dogs
02. Bad News
03. Billy
04. Everything Passes
05. Nothing More
06. Never Fall
07. From Livin’ In Tears
08. The Dancer And The Monster
09. Streets Of Love
10. So Far Away
Line Up:
Max Gazzoni (Intervista) – Voce / Chitarra Acustica
Andrea Lenzi – Chitarra
Roberto Venturi – Basso
Francesco Paonessa – Batteria / Percussioni / Tastiere