Recensione: Unnatural Selection

Di Marco Tripodi - 12 Gennaio 2017 - 8:00
Unnatural Selection
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 1999
Nazione:
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75

High” (’97) ha ridato fiducia ai Flotsam, il peggio forse è alle spalle, gli anni dell’incertezza, del monopolio alternativo in ambito rock volgono al tramonto e, soprattutto, il metal nudo e crudo è tornato a scorrere potente nelle vene della band di Phoenix. I timori si sono dileguati e “Unnatural Selection” ne è una dimostrazione plateale, il biglietto da visita per il rientro con tutti i crismi nella consorteria dei capelloni borchiati, massicci e inca **ati. Pacche sulle spalle, in alto i calici e brindiamo al Dio Marshall.

La line-up non è rimasta invariata, il prezzo della nuova coesione si è tradotto nella sostituzione di Micheal Gilbert (chitarra) e Kelly Smith (batteria) rispettivamente con Mark Simpson e Craig Nielsen. In confronto ad “High“, il nuovo album, il numero sette della discografia, asciuga tantissimo il songwriting, sfronda, lima e ripulisce; l’obbiettivo ultimo ed unico dei Flots è la concretezza, l’essenzialità. Una scaletta disegnata all’insegna dell’estremo pragmatismo, di una concisione che intende andare dritta al punto, senza cincischiare su abbellimenti, arrangiamenti ricercati, finezze esecutive, i fans non sembrano averle gradite o forse semplicemente ai Flotsam non interessano più. Ora intendono presentarsi nudi alla meta, prendere o lasciare, niente compromessi, quelli evidentemente appartengono al passato.

Unnatural Selection” è aggressivo sin dalla copertina, una sorta di rivisitazione di quelle improbabili ma gustose pellicole sci-fi anni ’50, quando pazzoidi Dottor K creavano in laboratorio creature gigantesche o mostri famelici atterravano sulla Terra in cerca di carne fresca da addentare sadicamente. Il cromatismo dell’artwork rispecchia fedelmente i sapori e gli umori del sound incandescente e scorbutico contenuto nei solchi. Attenzione, non che la melodia sia espunta del tutto dalle composizioni dei Flotsam, ma è come incatenata, soggiogata, costretta in spazi angusti tra strofe e riff vigorosi, prepotenti, contro i quali deve combattere centimentro su centrimento. Al solito, del tutto velleitario aspettarsi dalla band la riproposizione delle note e delle architetture dei primari “Doomsday…” e No Place…“, i Flotsam sono distanti cinque dischi ed oltre due lustri da quell’epoca, adesso il loro stile coniuga thrash e metal, filtra il composto attraverso quintali di groove ad altissima densità, sempre “disturbato” da una tensione e da un nervosismo che si sono oramai impressi indelebilmente nel DNA del gruppo.

Per tutto quanto detto sin qui, al netto della maggior veemenza esibita in sala di registrazione, “Unnatural Selection” si rivela un disco più lineare e “facile” degli ultimi due capitoli di casa Flotsam And Jetsam, “Drift” e “High“, riconcilia buona parte del pubblico con i propri beniamini, nonostante ancora si continuino a leggere in giro critiche negative, inguaribilmente pervase dalla delusione di non ritrovarsi al cospetto di un “Doomsday For The Deceiver” parte II. Del resto, per l’intera sua carriera la band dovrà scontare questo (insensato) peccato originale, così come qualcuno amerà beffardamente  ricordarla solo e soltanto per essere stata il kindergarten nel quale Jason Newsted si è formato prima di unirsi ai Metallica, quegli stessi Metallica che nel medesimo 1999 saranno intenti a ultimare il mixaggio di “Symphony And Metallica” (S&M). Siamo agli antipodi.

Marco Tripodi

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