Recensione: Unreleased Vol 1
Ritengo i nostrani Death S.S. della prima ora la creatura più maligna e misteriosa che l’Italia del metallo abbia concepito all’interno della propria storia, così come i campioni del sulfureo e del mefitico rimangono gli inglesi Black Widow di Clive Jones. I Black Sabbath furono fatti diventare i “Black Sabbath” che tutti conosciamo da parte della loro etichetta discografica, che calcò ferocemente la mano sul lato “nero” di Iommi & Co. anche quando di “nero” nei quattro di Birmingham agli inizi c’era ben poco… con tutto il rispetto, ovviamente: Il Sabba Nero ha inventato l’heavy metal e guai a chi ce li tocca, sia chiaro!
Della prima formazione dei Death S.S. faceva parte Paul Chain, che insieme con l’altra anima dannata Steve Sylvester, nel lontano 1977 diede vita a una band che in breve diventò di culto in tutto il mondo, senza aver peraltro una discografia particolarmente prolifica. La differenza fra i Nostri e le miriadi di gruppi di quaquaraquà era che Chain & Sylvester ci credevano davvero… Il buon Paul poi prese strade artistiche diverse e non è questa la sede per approfondire il suo lungo e interessante percorso all’interno della musica rock post Death S.S. , che altrimenti porterebbe via lo spazio di quattro recensioni. Unreleased 1 e 2 costituiscono il testamento artistico di Paul Chain che, da questi due dischi in poi, cancella definitivamente il vecchio monicker e diventa semplicemente Paolo Catena. Oggetto della recensione è Unreleased Vol. 1, uscito nel 2003 per la continuativamente attenta e prolifica LM Records, ora Crotalo.
Come sempre avviene nelle uscite discografiche di Mr. Chain, è solamente l’estro e l’istinto che guida, alla facciaccia della musica plastificata che guarda solo al business. I settanta minuti di Unreleased Vol.1 sono accostabili ad un girone infernale all’interno del quale vengono esplorate tredici grotte buie e gelide, corrispondenti ad altrettante tracce musicali pregne di mistero, sacralità, momenti d’estasi e altri di follia.
Accanto a episodi classici e “doomeggianti” come Cosmic Collision, R. 10 e Secret Voice trovano spazio escursioni psych come Song of Estefan e Terror in Air Lines. Bridge Parts, Space Travel e Bubble Gum of a Psychedelic Man sono tanto sperimentali quanto inquietanti mentre in Trouble Trumpet, oltre alla tromba, l’ex Death S.S. lascia spazio a Danilo Savanas e al proprio Didgeridoo, un antico strumento musicale australiano a fiato. Inquietante She Tomy My I, grazie all’interpretazione vocale di Sandra Silver, che ben si destreggia fra i vari effetti speciali. Da menzionare, inoltre, i vari special guest presenti all’interno dei vari pezzi: Kevin “Hell” Throat e Red Crotalo dei Revenge, Claud Galley dei Death S.S. , Lux Spitfire e Alexander Scardavian, tanto per citare i maggiori.
Paul Chain è un risorsa nazionale, questo è fuori dubbio. In certe occasioni autoindulgente e capriccioso ma sicuramente inimitabile. Unreleased Vol. 1 costituisce la pietra tombale orizzontale del Suo passato. Quella di testata è rappresentata dal Vol.2, con “Wino” dei Saint Vitus come special guest, ma questa è un’altra storia…
Stefano “Steven Rich” Ricetti