Recensione: Unstoppable Force
Nella seconda metà degli anni ’80, gli Agent Steel rappresentarono una veloce meteora che illuminò, a giorno, la notte stellata del firmamento Metal. Con l’album d’esordio Skeptics Apocalypse (Combat, 1985), il successivo EP Mad Locust Rising (Combat, 1985) e quindi con Unstoppable Force – l’album oggetto della presente recensione – segnarono brevemente, e pesantemente, la scena mondiale con il loro stile unico ed inimitabile.
Dopo lo scioglimento avvenuto immediatamente dopo l’uscita sul mercato internazionale di Unstoppable Force, la band, nel 1999, si riformò, dando alle stampe tre nuovi full-length (The Omega Conspiracy (Candlelight, 1999), Order Of The Illuminati (Scarlet, 2003) ed Alienenigma (Mascot, 2007)), riprendendo quindi al 100% la propria attività. La line-up con la quale è stato inciso Unstoppable Force è formata da John Cyriis (membro fondatore, vocals, (Abattoir)), Juan Garcia (guitars, (Abattoir, Evildead e Killing Machine)), Bernie Versailles (guitars, (Engine, Fates Warning e Redemption)), Michael Zaputil (bass) e Chuck Profus (drums).
Da evidenziare immediatamente che, stilisticamente, la band, dopo la reunion, ha cambiato decisamente registro rispetto a ciò che proponeva nel suo primo periodo, addentrandosi più segnatamente entro i confini di un canonico e massiccio Thrash, considerando che gli album post-reunion sono stati realizzati dagli unici due superstiti della formazione originale (Juan Garcia e Bernie Versailles); senza cioè John Cyriis, vera croce e delizia della band nel primo periodo “ottantiano”, visionaria ed allucinata mente compositiva, dalla forte componente carismatica, che in pratica catalizzava ogni decisione (artistica e non) della band stessa (con ciò, portandola allo scioglimento sopra accennato).
Stilisticamente, Ustoppable Force rappresenta una sorta di “semi-Thrash”, che all’epoca venne definito molto efficacemente come Speed Metal. Ovvero, Heavy Metal eseguito a velocità superiori a quelle formali del genere stesso, scevro però delle componenti di aggressività e violenza sonore tipiche del Thrash. Una sorta di Heavy Metal accelerato, in sostanza. Ultima nota generale, che contribuisce a dare il tocco finale di originalità alla proposta artistica del gruppo, le tematiche, rivolte ad una ossessiva, ipotetica intromissione, nella società umana, di popolazioni aliene alla Terra.
La sopra descritta definizione di Speed Metal si riscontra immediatamente con la title-track, che apre il platter: Unstoppable Force. Una breve introduzione relativa alla simulazione di un rumore alieno, e la canzone parte subito velocissima. Riff continui e massicci, potenti, proposti senza soluzione di continuità che, unitamente alla sezione ritmica diretta ed elementare (ma non per ciò biasimevole) fondata su un rapidissimo 4/4, definiscono appieno quello che è lo Speed Metal. Su questa base si scatena John Cyriis, dotato di una estensione vocale fuori dal comune, in grado di consentirgli di esser a proprio agio ed in naturalezza durante i continui cambi di tono, che spaziano delle tonalità più basse a quelle più alte. Analogamente, sono fulminei – ma melodici – gli assoli dei chitarristi, che si sovrappongono, rincorrendosi l’uno con l’altro. Anthemico, secco ed aggressivo il ritornello, non melodico, ma memorizzabile all’istante. In sostanza, la canzone più riuscita dell’album in quanto, oltre ad essere oggettivamente composta in maniera da fornire un impatto davvero poderoso e dinamico, definisce perfettamente il genere del gruppo.
Il disco prosegue con Never Surrender, dall’intro batteria/basso, e dai ritmi decisamente meno rapidi rispetto al precedente brano. Articolato e vario il riffing, che agisce su una base ritmica in doppia cassa, scandito ed anche in questo caso facilmente assimilabile il ritornello, buoni gli assoli, costruiti nel classico modo con cui vengono scritti in ambito Heavy Metal. Indestructive… e le chitarre aprono la canzone con un riffing graffiante e sporco. Poi si sviluppa un mid-tempo potente, su cui arzigogola le sue linee vocali John Cyriis. Continui cambi di tonalità rendono la canzone varia e mai monotona che, in corrispondenza del riottoso chorus, aumenta improvvisamente di velocità, defluendo poi verso la parte dedicata agli assoli di chitarra, fluidi e cristallini per pulizia di esecuzione.
La quarta canzone dell’album è Chosen To Stay. L’inizio è deputato ad una melodocissima parte di chitarra classica, dai toni un po’ oscuri, su cui agisce quella solista, con John Cyriis impegnato a cantare su toni altissimi ed armonici. Poi, la canzone si innalza di tono, con l’entrata completa della parte elettrica (chitarre) e ritmica (basso e batteria), ma sempre su tempi medi. Immancabili gli assoli di chitarra, sempre precisi ed in linea con il genere proposto. Con Still Searching, si ritrova un brano di matrice chiaramente Heavy Metal, definita da parti ritmiche lente e dirette, da linee di chitarra dai riff scanditi, vari e melodici, il tutto a definire un groove introspettivo e sinuoso, sottolineato, come sempre, dai vocalismi di John Cyriis.
Rager, e il tono dell’album riprende in intensità, con un mid-tempo sostenuto e vigoroso. Completamente amelodico ed anthemico il ritornello, che altro non è che la pronuncia scandita del titolo della canzone, che si contrappone invece agli assoli di chitarra, armonici ed eleganti, di gran gusto melodico. Il settimo brano del disco è la strumentale The Day At Guyana, lunga ed articolata cavalcata musicale, ove i chitarristi Juan Garcia e Bernie Versailles dimostrano la loro classe compositiva e la loro padronanza tecnica, sciorinando una moltitudine di riff sempre diversi ed originali, tuttavia costantemente legati fra essi da un unico filo conduttore, che definisce il groove del brano. Stupendo il break centrale, ispirato e melodico, ove trova spazio per farsi notare anche il basso di Michael Zaputil.
Con Nothing Left si rientra nella “normalità”, con un brano dalla ritmica a doppia cassa, e con una strofa ben riuscita grazie al cantato di John Cyriis, che non esagera a salire verso cime elevate di tonalità, cosa che invece fa nel cantare il refrain, ovviamente impossibile da cantare in un ipotetica esecuzione live della canzone. Ben riuscito il break centrale, sempre grazie al lavoro sinergico, preciso e di gran gusto musicale dei due chitarristi. A chiudere l’album, Traveler, unico lento del disco, introdotta da uno stupendo duetto fra le chitarre, che riescono a creare un’atmosfera vagamente aliena, sulla quale John Cyriis si produce in una interpretazione sentita, profonda, varia, articolata, struggente e melodica. Come melodico e struggente è lo stupendo assolo di chitarra che, in pratica, chiude la canzone e, quindi, l’album.
In sostanza, un album ove la proposta originale dello “Space Speed Metal” viene portata avanti dal gruppo con costanza, coerenza e regolarità, nobilitata dal cantato particolare di John Cyriis (che, come tutti gli artisti “diversi” dalla norma, può piacere o non piacere), e dalla classe, personalità e padronanza tecnica dei chitarristi Juan Garcia e Bernie Versailles. Il punto debole dell’album, a parere personale di chi scrive, è una certa disomogeneità artistica delle varie canzoni: accanto a capolavori del genere quali Unstoppable Force, The Day At Guyana o Traveler, si trovano brani un po’ più anonimi quali Still Searching o Nothing Left. Tuttavia, il livello medio dell’album si mantiene su livelli più che buoni, grazie alla classe dei musicisti del gruppo che, nonostante tutto, hanno saputo creare un sound unico ed originale nell’intero panorama Metal.
Daniele D Adamo
Tracklist:
1. Unstoppable Force
2. Never Surrender
3. Indestructive
4. Chosen To Stay
5. Still Searching
6. Rager
7. The Day At Guyana
8. Nothing Left
9. Traveler