Recensione: Unterweger
“Unterweger”, secondo full-length della band internazionale (Francia, Austia) Monument Of Misanthropy, giunge a ben sette anni di distanza dal debutto, avvenuto nel 2014 con “Anger Mismanagement”. Un lasso di tempo piuttosto consistente, durante il quale la formazione di partenza, nata nel 2021, ha subito un completo stravolgimento a seguito del quale è sopravvissuto, come unico faro durante la tempesta, il cantante George “Misanthrope” Wilfinger, non a caso mastermind del progetto di brutal death metal.
Brutal death metal spaventoso, violentissimo, annichilente, che tuttavia si discosta un po’ dai soliti stilemi, ormai triti e ritriti, di questo sottogenere così estremo. Anzitutto giova osservare che, nel disco, non sono affatto rari i momenti cosiddetti atmosferici, durante i quali inserti ambient aiutano a definire il mood del disco stesso. Orientato, come si può immediatamente rilevare grazie all’opener-track ‘The Mysterious Hollywood Hat-Trick’, in direzione un deciso flavour da filmografia horror (‘The Strangulation of Silvia Zagler’, ‘The Strangulation of Blanka Bockova’). Opener-track che, fra l’altro, fa suoi i servigi dell’ugola di Julien Truchan dei Benighted, giusto per spingere quanto più possibile il sound del gruppo verso lande raggiungibili da pochi altri, ardimentosi musicisti.
Il che non deve stupire più di tanto, giacché il livello di tecnica esecutiva dei membri è allineato a quanto di meglio si possa trovare in giro oggigiorno. A tal proposito si potrebbe pensare, rimarcando che essi si possano vedere come mercenari del metal, a un combo dal sapore artificiale. Invece no. Proprio la bravura di ciascuno di essi fa sì che i Monument Of Misanthropy producano un sound estremamente compatto, coeso, in cui non si riesce a trovare un difetto nemmeno a cercarlo con il lanternino.
Detto questo, un’altra peculiarità del disco insiste nel fatto, già accennato, che l’act di Vienna / Nizza evita di cadere nei cliché abusati che minano il brutal dell’anno corrente. Oltre all’aspetto inerente l’umore tendente all’orrido che si può percepire facilmente fra le pieghe dell’LP, è interessante rilevare che Wilfinger tende a non esagerare con il solito inhale; anzi prediligendo harsh vocals e growling. Alternandoli continuamente per movimentare linee vocali altrimenti piatte e monocordi.
Spaventoso il riffing di Joe Gatsch e Shoi Sen. La loro impostazione thrashy evita depotenziamenti – come per esempio accade quando il suono delle asce da guerra è zanzaroso – , con che una miriade di accordi stoppati grazie alla tecnica del palm-muting si schiantano in faccia del povero ascoltatore. Per gradire, ogni tanto la solista accenna a qualche inserto melodico, il che non è mai male, almeno a parere di chi scrive. Terrificante la sezione ritmica, in cui fa strazio dell’apparato timpanico il basso a tappeto di Sam Terrak ma soprattutto la batteria di Cédric Malebolgia, autore di continue bordate di blast-beats poderose, assolutamente devastanti, che s’incastrano alla perfezione negli altri strumenti, evitando in tal modo l’appiattirsi del sound.
Ma la vera capacità dei Nostri è insita nel songwriting, più che sufficiente per dare vita a canzoni diverse le une dalle altre, anche in questo caso scivolando sopra il rischio di dar luogo a brani tutti uguali. Invece no, essi presentano una discreta personalità, atta a regalare trentotto minuti di musica che scorrono via con scioltezza e linearità, grazie, appunto, a una sequenza di tracce interessanti per la loro chiara diversità dalla media della foggia musicale di cui trattasi.
Per finire una chicca, cioè la cover di ‘Fall from Grace’ dei Morbid Angel. Ben lungi dall’essere un riempitivo, essa riporta a nuova vita uno stile arcaico ma soprattutto storico, enciclopedico, dimostrando che il death metal non morirà mai.
Insomma, “Unterweger” è una gradita sorpresa su come si possa essere diversi dalla massa – senza inventare niente di nuovo, rilanciando i Monument Of Misanthropy come una delle migliori realtà in ambito brutal death metal targato 2021.
Daniele “dani66” D’Adamo