Recensione: Until My Last Breath [EP]

Di Daniele D'Adamo - 21 Marzo 2010 - 0:00
Until My Last Breath [EP]
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Anno: 2008
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58

Altro gruppo di giovani leve, altra – meno male – dichiarazione d’amore per il metal. Due frasi tratte dal MySpace Ufficiale dei veneti From The Shores lo dimostrano chiaramente: «Noi mettiamo l’impegno per il gruppo al primo posto. Tutti lavoriamo e/o studiamo, ma questo non ci impedisce di dare il 200% per la band. … Scriviamo tanto, proviamo tanto e suoniamo costantemente live.».

Until My Last Breath, EP autoprodotto uscito poco più di un anno fa, sprizza questa passione da ogni poro; anche se a essa si accompagna l’acne tipica dell’immaturità giovanile.
Le immagini che rappresentano il quartetto e l’artwork (curato) del CD – registrato presso gli Hate Studios – rimandano all’estesa corrente metalcore d’oltreoceano ove, appunto, il mare e quindi il blu rappresentano elementi visivi di fondamentale importanza.  
Sgombriamo però la mente da ogni dubbio: i From The Shores propongono un genere basato sul death semmai poi orientato verso nuove sonorità. Non, quindi, un genere che si può accumunare al death medesimo ma che non ne ha le stesse radici culturali.
Anzi, per dirla tutta si tratta di una derivazione nemmeno tanto nascosta di un certo heavy/speed degli anni ottanta, rinvenibile più volte nel guitarwork di Leo.
Old school death ammodernato, quindi.

L’accennata immaturità del progetto From The Shores deriva dal fatto che le canzoni hanno un songwriting altalenante: manca un comune filo conduttore e, quindi, manca ancora la materializzazione di un sound che possa essere rapidamente riportato al combo di Venezia.
La base dell’edificio c’è: il rifferama affonda volentieri le mani nelle pieghe del passato (“Fury Of The Embers”, “l Have Never Been Hurt By Luxury”), mostrando un’intrinseca possibilità di successivi sviluppi per via della sua varietà.

Tutt’altro che tecnicamente impreparati, in Nostri hanno in Luke un elemento di spicco per via della sua ugola: pur essendo allineata alla concorrenza nelle sezioni in growl, in quelle urlate si percepisce una timbrica piacevolmente personale (“Serve The Flesh For Dessert”).
Non male peraltro il drumming di Andrea, vario e preciso anche e soprattutto nelle parti veloci (“As The Firmament Ratifies The End”), con un dinamico gioco di doppia cassa ben accompagnato dalle quattro corde di Theo. Azzeccate anche alcune aperture melodiche (“The Dawn At Sunset”).

Diciotto minuti di durata non sono certamente esaurienti per esprimere un giudizio definitivo. Bastano, tuttavia, per osservare alcune qualità, come la padronanza degli strumenti, e rilevare certi difetti, come la difficoltà a proporre un insieme di brani omogenei fra loro.
Le fondamenta ci sono: al gruppo l’onere di progettare e realizzare la soprastante struttura.

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Track-list:
1. The Dawn At Sunset 0:34
2. Fury Of The Embers 4:06
3. Serve The Flesh For Dessert 4:20
4. I Have Never Been Hurt By Luxury 4:01
5. As The Firmament Ratifies The End 5:15

Line-up:
Luke – Voce  
Leo – Chitarra
Theo – Basso
Andrea – Batteria

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