Recensione: Unveiling the Palest Truth
Dalle terre australiane, piene di insidie, animali letali e di deserti sul mare vengono i Deadspace, un quintetto che nonostante la relativamente giovane età (nati nel 2017) ha già sfornato sette (!) full length e vari split/EP/collaborazioni. Una fecondità artistica non da poco, che però molto spesso rappresenta un campanello d’allarme in termini puramente qualitativi, per ovvi e giustificati motivi. I cinque di Perth hanno pubblicato un EP nell’ A.D. 2023 e un album che è oggetto dell’analisi di oggi, dal titolo “Unveiling the Palest Truth”.
I 5 di Perth sono dediti ad un depressive black metal abbastanza canonico, molto oscuro e compresso, che va a scavare un po’ in tutte quelle che possono essere annoverate fra le tonalità nere dell’animo umano, sia dal lato esistenziale che esperienziale e di condizione. In questo senso la proposta riesce sicuramente a comunicare quell’atmosfera di soffocamento tipica della strada senza uscita.
Il disco si apre con un’introduzione abbastanza classica per il genere, accompagnando l’ascoltatore verso un prodotto che fin dall’inizio non genera mai sussulti. Il disco infatti risulta in tutti i suoi brani e nei suoi 23 minuti di durata fondamentalmente piatto, senza reali spunti significativi, contemporaneamente però non tediando il fruitore, che perciò inevitabilmente rimane abbastanza asettico al termine dell’opera. Si può riportare come episodio più significativo la penultima traccia, la titletrack, che comunque restituisce un ascolto abbastanza vario, sicuramente meglio rispetto al resto dell’opera. Anche la produzione risulta sicuramente apprezzabile in senso generale, ma non dà quell’elemento in più che porta l’album più su.
Fin troppe volte i vari attori del mondo musicale confondono la creatività vulcanica con la soverchiante mole di contenuto atta ad aggredire le scene, ma purtroppo ciò raramente si traduce in un reale avvicinamento alle luci della ribalta: questo lavoro è la conferma che (per lo meno nella grande nicchia del metal in generale) la quantità come arma di partenza non ripaga…magari dopo i primi quattro se sono capolavori!