Recensione: Up the Rock
Up the Rock, e così sia. Ma sarà hard rock da Truemetal oppure no? Sarà cosa gradita che tamburelli, piano, battimani e sax rubino il posto a custom roboanti, maggiorate succinte e assoli tutti overdrive e fischi? Chi se ne frega, diciamocelo chiaramente: se il vostro animo è predisposto a godersi la buona musica, l’annichilimento quasi totale degli stereotipi musicali che sono alla base del glam di area metallica non intaccherà il giudizio che, alla fine, sarà quasi inequivocabile: gli Hanoi Rocks del nuovo millennio sono tra noi.
In ciò che la formazione svedese ci propone ci sono certamente più Rolling Stones che Motorhead, e il nome scelto per la band non a caso richiama la Swingin’ London piuttosto che Motley Crue e Skid Row (per chi non lo sapesse, ‘Diamond Dogs’ è un disco del 1974 di David Bowie, dove gli scritti di Orwell e un’immaginario glam post apocalittico si uniscono per dare vita a veri classici immortali del rock come Rebel Rebel).
‘Up the Rock’ sono dodici tracce senza tempo, rese ancora più accattivanti da una perfetta produzione a cura di Tomas Skogsberg (già Backyard Babies, Entombed e Hellacopters), pulita ma genuina, fresca ma lontana dagli stilemi contemporanei. ‘Up the Rock’ sono dodici brani piuttosto brevi, praticamente tutti tra i 3 e i 4 minuti, pronti a raccontare come la semplicità possa ancora essere l’arma vincente per una bella ballata da cuore solitario, una malinconica guida notturna o una spensierata serata tra vecchi amici, come quelli che si ritrovano nelle atmosfere di questo piccolo gioiellino d’altri tempi. Un disco come un whisky invecchiato, da assaporare fino all’ultimo passaggio.
Esistono band che hanno imparato qualcosa da quaranta lunghi anni in cui il rock è mutato evolvendosi in forme e paradigmi diversi. I Diamond Dogs sono tra queste, e in quaranta minuti propongono un riassunto di tutto ciò che è vintage, tra ritmi e linee vocali alla Beach Boys fino ai Quireboys, passando per Cinderella e Aerosmith.
Se amate il rock dei sessanta mischiato all’hard dei seventies, con una massiccia dose di street alla Sweet e compagnia britannica corredato da un po’ blues d’oltreoceano, fatelo vostro: questo sestetto ha ridato vita in maniera sublime a quello che molti altri hanno dimenticato, o forse non hanno mai conosciuto… Up the Rock, e così sia.
Tracklist:
01. Generation Upstart
02. We May Not Have Tomorrow (But We Still Have Night)
03. Down In The Alley Again
04. Acting Singles
05. Turning A Shack Into A Chapel
06. Where Are You Tonight
07. Closest I Ever Been To Memphis
08. You Got Nothing On Me
09. Come Easy Come Slow
10. Put Your Hands Together
11. If I Ever Fall In Love With You
12. Make It To The Shore
Alessandro ‘Zac’ Zaccarini