Recensione: Urkraft
È con una certa emozione che mi ritrovo a scrivere di questo Urkraft, terza release ufficiale degli eccellenti Thyrfing, gruppo svedese insediatosi di diritto nel limbo del Viking Metal insieme a band di prim’ordine come Amon Amarth o Enslaved.
Urkraft si rivela a tutt’oggi come un lavoro di prim’ordine, un vizio al quale ci hanno abituato fin dalle loro prime demo, Solen Svartnar e Hednaland, e che si è confermato album dopo album, anno dopo anno. E ascoltare questo Urkraft si rivela un piacere mistico, gotico, emozionante e ricco di una carica emotiva che solo parzialmente traspare da una copertina cesellata nel legno e immersa nell’oscuro mare del nord, sotto un pallido sole squarciato dalla spada di legno grande simbolo del gruppo.
Urkraft è Viking Metal allo stato puro, è forza interiore che scaturisce nelle dodici canzoni, ognuna diversa dall’altra, ognuna ricca di significato e di grandezza, espressa nella monumentalità della batteria, nella potenza delle chitarre e nel fiume trascinante delle corde sintetizzate, che tanto spessore hanno conferito a Valdr Galga e tanto ne regala anche a questo ultimo lavoro. Come in ogni buon album che si rispetti, non esistono grandi dislivelli tra una canzone e l’altra. Non esiste la canzone “brutta”, ma tutte si adoperano per creare un filo narrativo, una emozione che si snoda come un serpente infuriato attraverso ogni organo percettivo, dall’inizio del martello dei nani che battono sull’anello di Mjolnir per terminare con una canzone che può definirsi epopea, la title track.
Le sonorità di Valdr Galga sono state mantenute tutte, e la carica epica di ogni canzone, inneggiante a dei pagani, a battaglie divine e a scontri tra gli uomini, alla morte che sorride ogni guerriero, alla tragica vita tra fiordi battuti dai venti invernali e alla ricorrente decadenza di un sole che indugia pallido e morente sull’orizzonte per qualche attimo, prima di inabissarsi nell’inverno senza fine delle terre del nord. Questa che però assomiglia alla figura di un album Epic Metal in realtà non deve confondere. I Thyrfing non raccontano l’epico fantasy dei Manowar, dei Rhapsody, degli Hammerfall. Il Viking Metal conserva le proprie sonorità per raccontare la realtà, che per quanto fantastica possa sembrare, rimane la realtà. Per quanto fantasy possa sembrare un martello in mano a un dio, un gruppo di guerrieri vestiti da orsi che caricano disperati contro degli strani uomini con croci in mano provenienti dal sud, questo è la realtà, credenze tuttora diffuse e battaglie avute realmente luogo, che solo chi è vicino alla cultura di quelle genti può conoscere, comprendere ed evitare di rifiutare. E questa è la piccola differenza tra realtà e fantasia, e motore primordiale che muove alcuni tra i migliori gruppi Viking Metal, Thyrfing e Amon Amarth in testa.
La voce, a volte un growling potente e a volte un cantato chiaro bene si accorda con le chitarre potenti, veloci e in continuo movimento, alla batteria molto incisiva e alle continue evoluzioni dei sintetizzatori, che regalano senza mai eccedere temi portanti intorno ai quali le chitarre velocemente si avvolgono, accompagnando un metal aggressivo e mai banale.
Due parole bisogna spenderle per la Title Track, Urkraft. A prescindere dal fatto che probabilmente è la canzone che degnamente riesce a chiudere un album “in fiamme”, questa canzone è anche la più varia e certamente la più studiata, e da sola varrebbe il prezzo intero dell’album, anche per un testo decisamente impressionante, che spiega a occhio e croce cosa significa “Urkraft”. È complicato come concetto persino per gli scandinavi stessi, dal momento che rievoca più una sensazione che una parola corretta. Urkraft è una forza naturale che si sprigiona dall’interno, e che solitamente interviene “quando tutto è finito”. È l’istinto di sopravvivenza, è quello scatto di nervi che interviene prima di abbandonare ogni forza. Forse la grande forza che ha generato la “leggenda” dei guerrieri Berserkr.
Un ultimo appunto: l’album nel suo formato digipack contiene una canzone supplementare, “Over the Hills and Far Away”, una cover di una canzone “country” originariamente cantata da Gary Moore… e anche se all’inizio può stonare in realtà è stata l’ennesima scelta azzeccata. Indurite le chitarre e le batterie della versione iniziale, la canzone si presenta insolitamente piacevole, dura e soprattutto un importante sfogo, un deus ex machina, una catarsi dopo l’impegno emozionale di 55 minuti precedenti di puro Viking Metal.
Urkraft (2000)
1. Mjölner
2. Dryckeskväde
3. Sweoland Conqueror
4. Home Again
5. The Breaking of Serenity
6. Eldfärd
7. Ways of a Parasite
8. Jord
9. The Slumber of Yesteryears
10. Till Valfader urgammal
11. Urkraft
12. Over the Hills and Far Away (bonus digipack track)