Recensione: V – Halmstad
Lo spettro del gossip ha invaso da anni anche il mondo del metal,
specialmente del black metal, e agli Shining spetta la palma dei maggiori
protagonisti di queste vicende che non hanno nulla da spartire con la musica. Se
prima di
The Eerie
Cold si era assistito al balletto dello scioglimento/reunion della band
di Kvarforth spinto da un odio verso un certo aspetto del musica business
(smentito in parte poi nei fatti), con V – Halmstad i nostri, o
meglio, il nostro, ha fatto di più. Far credere di essere scomparso, addirittura
di essere passato a miglior vita, e di aver gia ingaggiato un fantomatico e
sconosciuto sostituto… Tutte balle, Kvarforth è vivo e vegeto e per
fortuna si è messo a fare quello che gli riesce meglio, creare capolavori.
Infatti scindendo il “folklore” attorno alla band, dal valore reale della
propria musica, non si può non accogliere V – Halmstad come
l’ennesima dimostrazione della maestria degli Shining di saper dare anima
e corpo alla desolazione che ci accompagna nella nostra vita terrena. Un nuovo
capitolo e ancora una nuova direzione intrapresa, per una formazione che non ha
mai seguito una determinata corrente, ma l’ha imposta. Gli Shining non si
accontentano di aver creato il depressive e di averlo portato alla perfezione
con II – Livets Ändhållplats, di avergli dato una nuova dimensione con
III –
Angst, Självdestruktivitetens Emissarie, e di averlo evoluto con The
Eerie Cold. V – Halmstad riparte da dove ci eravamo lasciati,
per portarci ancor di più lontani dai lidi black metal degli esordi, di cui è
rimasta solo l’atmosfera di fondo che anima i sei brani del disco.
Una band per certi versi trasformata in toto, ma che mantiene immutato il
proprio fascino, come se Kvarforth riuscisse a imporre il proprio
imprinting in tutto ciò che suona e compone. Che siano ruvidi riff o suadenti
assoli, che siano chitarre acustiche o strumenti ad arco, tutto riflette il
senso di solitudine, di alienazione, di tormento degli Shining e del suo
leader. Sempre più eleganti, sempre più lontani dall’etichetta “black metal” che
a Kvarforth sembra andare stretta gia da qualche anno, ribadendolo a più riprese
in canzoni come Yttligare Ett Steg Närmare Total Jävla Utfrysning, o
Längtar Bort Från Mitt Hjärta, in cui si hanno continue esplosioni di
emozioni da brividi lungo la schiena, passando dal conflitto che sembra animare
le vocals allucinanti del frontman, all’eterea bellezza di break acustici dal
flavour blues. Anche la produzione ricalca questo aspetto, con un suono di
chitarre preciso e corposo allo stesso tempo, e un basso in ottima evidenza. Una
band matura che ormai possiede un bagaglio di esperienza tale da stupire gli
ascoltatori con Besvikelsens Dystra Monotoni, sorretta da riff mai così
impetuosi e thrash oriented, o con Neka Morgondagen dove troviamo anche
dei passaggi di Kvarforth molto vicini al cantato pulito, probabile nuovo
approdo per gli Shining con il prossimo album, chissà.
Non ci resta che accogliere questa nuova opera lasciandoci rapire dalle
languide e strazianti atmosfere che riesce a scaturire, ascoltando la
reinterpretazione de Al Chiaro Di Luna di Beethoven, (Åttiosextusenfyrahundra)
scivolarci di dosso, tenendo gli occhi sbarrati e fissi all’orizzonte . Un
diamante nero che diventa via via sempre meno grezzo, rivelando una materia
sempre più preziosa e morbosamente affascinante.
Stefano Risso
Tracklist:
- Yttligare Ett Steg Närmare Total Jävla Utfrysning
- Längtar Bort Från Mitt Hjärta
- Låt Oss Ta Allt Från Varandra (mp3)
- Besvikelsens Dystra Monotoni
- Åttiosextusenfyrahundra
- Neka Morgondagen