Recensione: Vagabonds Of The Western World
I Thin Lizzy in campo hard rock, hanno sviluppato un discorso musicale del tutto originale che può essere attribuito a diversi fattori. Innanzitutto il leader indiscusso e principale autore delle canzoni e cioè il compianto Phil Lynott, era sia di origini Brasiliane (madre) che Irlandesi (padre), ciò ha significato che è cresciuto da un lato prendendo spunto dalla musica ritmica sudamericana e dall’altro attingendo dalla celtica. Soprattutto nei primi tre lavori ed in particolare in questo “Vagabonds of the western world” (che sinceramente ritengo essere il più maturo dal punto di vista stilistico dei tre), presenta diversi spunti presi da questi due generi. Inoltre l’unione con l’ottimo blues-guitarist Eric Bell (già con Van Morrison e gli Shadow of blue) e il fantasioso drummer Brian Downey (l’altro membro che rimarrà in pianta stabile fino allo scioglimento nel 1983), non ha fatto altro che rendere questo lavoro dei Thin Lizzy estremamente variegato ed eterogeneo, anche se il filo conduttore rimane sempre l’hard rock.
Da notare come la maggior parte delle canzoni dei Thin Lizzy, presenti in questo album come in quelli futuri, siano dei veri e propri assalti ritmici, sia per la grande varietà di tempi che di idee. Se a questo aggiungiamo la grande perizia tecnica dei chitarristi che si sono avvicendati durante i 13 anni di vita della band (Eric bell, Scott Ghoram, Brian Robertson, Gary moore, Snowy White e John Sykes), non possiamo che riconoscere un ruolo primario ai Thin lizzy nell’olimpo dei grandi gruppi hard rock.
Passando all’album c’è da dire che la produzione per l’epoca è straordinariamente pulita, a mio avviso questo è dovuto al fatto che la casa discografica presso cui i Thin Lizzy erano scritturati e cioè la Decca, si occuvava (e si occupa tuttora ) di musica classico-sinfonica. Ma questo non va sicuramente a discapito della potenza dei pezzi in questione anzi, ne risalta le linee di basso (veramente godibili) e suprattutto evidenzia il feeling e la sensualità della voce di Phil Lynott. Un esempio di questo è “Little girl in Bloom”, una splendida e commovente ballad, oppure il famosissimo riadattamento del tradizionale celtico “Whiskey in the jar”.
Non mancano gli episodi prettamente hard rock, cito in primis l’inno “The rocker” che concluderà tutti i concerti della band fino a fine carriera, oppure la trascinante “black boys on the corner”, tra l’altro ascoltando questa canzone si percepisce tutto il feeling “nero” dell’istrionico cantante. “Mama nature said” è una canzone particolare con la chitarra effettata che trasuda blues da tutti i pori, la title track è un altro inno hard rock e “the hero and the madman” e “Randolph’s tango” danno un’idea della versatilità compositiva dei Thin Lizzy. Per finire fatevi incantare dalla conclusiva “A song for while i’m away”, di una dolcezza straordinaria.
Posso quindi affermare che nonostante non siamo ancora di fronte all’album “definitivo” che darà la fama al gruppo (Jailbreak 1976), sicuramente questo “Vagabonds of the western world” è un ottimo album di hard rock viscerale e variegato, tra l’altro non mi stanco mai di ascoltarlo proprio perché ogni canzone costituisce una storia a se, in cui sia gli amanti del rock duro, che del blues, che del rock celtico, possono trovarvi sicuro interesse.