Recensione: Valdr Galga

Di Daniele Balestrieri - 7 Aprile 2003 - 0:00
Valdr Galga
Band: Thyrfing
Etichetta:
Genere:
Anno: 1999
Nazione:
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90

È sempre sorprendente constatare quanto i Thyrfing siano una band relativamente giovane, e nonostante tutto riesca a piegare come il vento il mondo del viking metal. Giunti all’attenzione del pubblico di settore con l’album “Thyrfing” poco più di quattro anni fa, il quintetto svedese è riuscito a inanellare praticamente un album all’anno, con risultati altalenanti ma con una sensazione comune: hanno bruciato le tappe, percorrendo un percorso classico del viking ma al doppio della velocità: se Thyrfing, del 98, risultava un album melodico ma molto grezzo e pesante, questo Valdr Galga (=padre dei ruscelli, uno degli appellativi di Odino) rappresenta la presa di coscienza del genere, e forse il loro picco più ispirato. È un bene recensirlo dopo aver già sentito Urkraft, l’album che sarebbe uscito l’anno dopo, perché è l’unico termine di paragone efficace che può essere portato nel giudizio di quest’album.

 

Come già anticipato, Valdr Galga prende immediatamente le distanze da Thyrfing e regala all’ascoltatore un black-viking di grandissimo spessore folk e profondità davvero inedite nel genere, tentativi ai quali si erano avvicinati timidamente band come Adorned Brood o Einherjer, ma entrambe hanno lasciato qualche vuoto, specialmente mancando di quel fondo di potenza metal che invece è presente in questo grande lavoro della band svedese. Vengono subito agli occhi due caratteristiche fondamentali in quest’album: innanzitutto le tastiere preponderanti, ricchissime, potenti, pompose, dai ritmi scanditi e dalle sonorità largamente evocative, quasi epiche, che accompagnano e a volte adombrano le buone chitarre e il basso che ottiene qui il ruolo di scanditore dei tempi che gli spetta di diritto… e poi le grande voci screaming selvagge di Thomas Väänäinen e di Patrik Lindgren, che spesso si cimentano in rapidi scambi di battute che aumentano la carica bellica di quest’album.

 

Grandissima opener, e forse la canzone più bella dell’intero album è Heading for the Golden Hall + Storms of Asgaard, un tripudio di grande composizione e di lirica, un vero inno alle battaglie delle epoche vichinghe, mischiate come sono tra il divino e l’umano, tanto non hanno indugiato ad utilizzare all’inizio della canzone i sample della battaglia di Braveheart, alla cui epica non sono sfuggite anche altre band di un certo calibro come Amon Amarth o Doomsword. Le canzoni si susseguono scandite da queste enormi tastiere, pompose ma mai barocche, in avanti, fino alla ottima title track e ad Askans Rike, le cui sonorità alla Fantasma dell’Opera regalano una nota di decadenza tra tanto sfoggio Finntrollesco di battute veloci e ottime sintesi di antichi strumenti.

 

L’orecchiabilità dell’intero album, grazie anche a continue variazioni di tempo e alla voce che a volte urla da sola, a volte si accompagna a dei cori, e a volte emette versi più o meno stridenti da accompagnarsi alle canzoni, è elevatissima, e sarà semplice ritrovare una o più canzoni preferite. Insomma un album di facile lettura, lontano dalla gravità dei Mithotyn, dalle oscure interpretazioni di Bathory, dalla leggerezza degli Einherjer e dal minimalismo nichilista degli Alsvartr o degli Storm (tedeschi). Insomma, ciò che hanno da offrire lo presentano senza troppi complimenti, senza troppe chiavi di lettura, chiaro e sincero come una celebrazione dello splendore dell’epoca vichinga dovrebbe suggerire. Di dieci canzoni nove sono in inglese e una sola in svedese.

 

Cosa dire, per paragonarlo a Urkraft, altro grande lavoro gemello di epica vichinga. A mio giudizio Urkraft è più equilibrato. Urkraft manca dei cambi di tempo repentini, manca dei cori improvvisati, manca delle risate selvagge, degli urli celebrativi e dei grandissimi binari lirici che guidano all’impazzata un album come questo. Urkraft è più drammatico, leggermente più oscuro e decisamente più introspettivo. Il che funziona in senso assoluto ma, dovendo scegliere, un album celebrativo come Valdr Galga difficilmente sarà ripetibile, e personalmente lo reputo, per spirito, qualche millimetro sopra Urkraft, insieme a lui comunque, nell’olimpo del Viking Metal.

 

Grande copertina, per finire, di Kris Verwimp, prestigioso autore delle copertine di band come Månegarm, Marduk, Immortal, Amsvartnir, Twin Obscenity, Nocturnal Breed e tantissime altre.

 

Daniele “Fenrir” Balestrieri

 

Tracklist:

 

  1. Storms Of Asgard
  2. From Wilderness Came Death
  3. Askans Rike
  4. Valdr Galga
  5. The Deceitful
  6. Arising
  7. Firever
  8. A Moment In Valhalla
  9. Mimer’s Well
10. A Great Man’s Return

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