Recensione: Valo Aikojen Takaa
L’antimateria, non è altro che il diretto opposto della particella “classica” conosciuta a livello fisico nel mondo superficiale; essa si forma conto schianto di particelle positive diventando a tutti gli effetti effimera e senza sostanza. A livello teorico dunque si può anche pensare che esistano veri mondi e esseri costituiti di antimateria, alla base inesistenti ma percepibili. Tale visione, semplice e molto scarna può correlarsi alla perfezione con gli Antimateria, che al primo disco ufficiale, senza spiegazione in merito a line-up e luoghi di origine, se non che sono Finlandesi, arrivano dal nulla e nel nulla ritornano. In silenzio e senza molti proclami partoriscono un album che definire sensazionale è alquanto estremo, ma molto ben congegnato e di pregevole fattura, tanto che pare nascere da quella Scandinavia che in un millennio oramai trascorso ha dato la nascita a veri e propri oggetti di culto. Come tutti sappiamo la Finlandia non è stata la capostipite del vero black ma oggi molto del mercato “valido” possa essere ritrovata in quelle terre è scontato, questa band dal canto suo non è da meno.
Cosa distingue dunque gli Antimateria dal restante dei gruppi di oggi? Non ci vuole molto a comprenderlo una volta che il tasto play viene premuto, la nebbia all’imbrunire, il silenzio surreale ed arcigno delle foreste spettrali si delineano di fronte a noi mentre un urlo straziante in lontananza ci prospetta uno scenario lugubre quanto emotivamente efficace. Il male serve alla vita e la musica che innalza la sua quota di intolleranza ancora di più. “Sicurezze sulla luce diurna”, questo potrebbe essere il titolo in Italiano semplificato, si avvale di sei semplici canzoni e una intro, decadente quanto basta per farla diventare parte indispensabile per l’intero progetto. Sei canzoni che non cavalcano mai velocità oltre la media, spesso e volentieri una venatura atmosferica si impadronisce del tutto tendendo a far ricordare quel Burzum del periodo “Det Som Engang Var“. La finezza di “Valo Aikojen Takaa” è l’effimera ma mi superficiale volontà di riprendere il black anni novanta senza mai andare in contro ai classici stereotipi del genere, v’è una personalità di base che emerge oltre i diversi omaggi al conte & Co. lungo l’arco della sua intera carriera e non solo poichè perfino i primissimi Satyricon (“Dark Medieval Times“) vengono alla mente in certi passaggi. Risulta veramente dura parlare singolarmente delle tracce qui dentro, la bellezza di questo disco è il riuscire a essere così coeso ed omogeneo che ogni brano necessità del successivo per avere una sua finalità ben precisa come un grande essere vivente senza struttura portante. Si riesce quasi a percepire quei momenti di decadimento, di insofferenza, di incessante claustrofobico malessere che pulsava in profondità durante la composizione e l’ideazione dei brani. Ascoltare creazioni quasi intoccabili quali ‘Roihuten läpi yötaivaan’ con il suo up-tempo incalzante o ‘Kadoten merien hautaan’ attraverso lo stacco centrale folkloristico si percepisce la magia intrinseca del disco, che nella sua innata imperfezione, regala costanti attimi di pura gioia oscura. Black classico che si mescola alla tradizione delle terre dei ghiacci dentro sfumature di doom marcio su di un cantato funereo e graffiante; questa la sintesi di “Valo Aikojen Takaa” che diventa tanto riduttiva quanto efficace. Ovviamente alcuni aspetti potrebbero essere limati, non tutto è ancora perfetto e i margini di miglioramente sono ipertangibili, ma per essere un debut tutto questo è perdonabile; se i presupposti sono tali auspichiamo grandi lodi per i nostri nell’avvenire.
Ammetto di non essere mai stato un grande amante del black atmosferico, tendo sempre ad un ascolto leggermente prevenuto, ma questo è senza ombra di dubbio una grande scoperta, che se non mi fosse stata consigliata sarebbe rimasta nell’ombra immeritatamente. Io come cavia vi chiedo di andare oltre, fregarvene e lasciatevi immergere in questo splendido universo denominato Antimateria, dove il surreale e non tangibile si scontra con superficiale terrestre, perché a fine ascolto diventerà come aria, come droga, come il quinto elemento mai trovato. Un metro di paragone per le restanti band che auspicano ad un roseo futuro, Chapeau!