Recensione: Vanguard
L’attenta lettura del contenitore (ridotto) del promo e uno sguardo approfondito alle varie pagine web dedicate ai danesi Forcentury e al loro “Vanguard”, hanno prodotto risultati assai deludenti per quanto riguarda le informazioni necessarie a sintetizzarne sufficientemente la biografia. Come sbucato dal nulla, quindi, ci si trova fra le mani il loro primo album di lunga durata: “Vanguard”, appunto. Approfondendo tuttavia la ricerca si scopre che i vari musicisti provengono da un esteso underground di act dediti principalmente all’heavy e al power. Gente cresciuta a pane e heavy metal, insomma.
Heavy e non solo: il sound del sestetto trabocca anche di hard rock, rock e – non ultimo – di un po’ di prog. Nonostante queste premesse sulla varietà stilistica, la base del sound è saldamente ancorata ai classici stilemi del power, nella fattispecie di quello pomposo e caramelloso. Quindi, chitarre brillanti nei soli e robuste nelle ritmiche, batteria fanatica della doppia cassa, cori e coretti ovunque, tastiere onnipresenti anch’esse, impegnate perlopiù a cucire i riff e gli svolazzi delle sei corde, basso deputato alla solita funzione di accompagnamento e poco più e, infine, voce melodica.
Proprio la voce: se per quanto riguarda l’adeguatezza tecnica degli strumentisti non ci sono addebiti, Johnn Thunder, a dispetto del war name, spesso mostra la corda; non riuscendo mai ad amalgamare il suono della propria ugola a quella della musica. Il timbro vocale è idoneo allo scopo, poiché rientra nel filone del classico singer da heavy/power. Tuttavia, perlomeno in questo frangente, è insufficiente a dare quel qualcosa in più che un cantante dovrebbe sempre regalare all’insieme. Peccato, perché oltre alla bravura dei musicisti c’è da sottolineare la resa complessiva dell’album, di alto livello a proposito del fatto che ci si trova dinanzi a un’autoproduzione, e la veste grafica, accattivante e adeguata allo spirito del terzo millennio.
Nonostante il genere proposto dal combo di Copenhagen sia stato abusato da migliaia di gruppi, il groove ha la sua brava personalità e il mood è fresco e allegro. Le canzoni seguono, come del resto ci si poteva aspettare, l’ortodosso schema rock; non per ciò biasimevoli, comunque. La facilità di comprensione è massima e non è certo necessario sforzare le meningi per cercare di afferrare questo o quel passaggio. Massima leggibilità della musica, quindi; con rimando, a questo punto obbligato, al songwriting.
Songwriting che si dimostra maturo e coerente con se stesso: non ci sono buchi nel nastro compositivo e il tutto è abbastanza piacevole all’ascolto, anche se l’originalità rimane una chimera. L’uniformità dei brani, se da un lato garantisce la continuità stilistica, dall’altro regala davvero pochi episodi degni di menzione. Fra tutti, appare ben riuscita “Rise Of The Machines”, per il visionario taglio cyber, il ritmo cadenzato, le piacevoli linee vocali, le melodie pulite e accattivanti. Per il resto, nulla da rilevare: il talento nel comporre o c’è o non c’è. In questo caso, purtroppo, manca. E quindi le canzoni sono prive di mordente, scontate e, alla fine, noiose.
Malgrado l’indubbio impegno, la preparazione tecnica e l’esperienza dei componenti, “Vanguard” non propone nulla di più di quanto abbiano già proposto le più svariate band operanti nel genere. Un disco che si può ascoltare distrattamente in auto come sottofondo a un lungo viaggio e nulla più.
Discutine sul forum nel topic relativo!
Track-list:
1. Land Of Mirrors 5:42
2. Through The Eyes Of Thunder 5:13
3. Speculator 4:46
4. Rise Of The Machines 5:23
5. Bottom Line Zombies 5:11
6. Valhalla’s Call 5:39
7. Love And Honour 5:30
8. Son Of Poseiden 5:22
9. The Abyss 7:00
Line-up:
Johnn Thunder – Vocals
Marc Master – Guitars
Jens-Christian “Jack” Kijne – Guitars
Kristian “Iver” Iversen – Bass
Andreas Palsgård – Keyboards
Jonas Landt – Drums