Recensione: Various

Di Giuseppe Casafina - 5 Marzo 2017 - 10:00
Various
Etichetta:
Genere: Vario 
Anno: 2016
Nazione:
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75

Un primo disco, un esordio sul mercato rappresenta una fonte di emozioni infinite per chiunque ne sia autore.

Parto con questa frase proprio per enfatizzare una caratteristica del disco in questione: “Various”, disco di esordio del chitarrista Alfredo Gargaro, vanta una caratteristica rara nel mare di millemila dischi focalizzati sulla chitarra elettrica, vale a dire il trasmettere appieno la passione con cui è stato pensato, registrato e costruito tassello dopo tassello.

Il titolo, a prima vista forse troppo generico e semplicistico, in realtà si rivela azzeccato per esprimere al meglio la poliedricità del personaggio: “Various” è un disco moderno, che si avventura senza esitare in tutti i segmenti conoscibili della melodia a sei corde, perchè la vita stessa in fondo è paragonabile ad una lunga sessione chitarristica, in quanto sai bene che dovrai sempre confrontarti con fraseggi di difficoltà crescente che dovrai saper maneggiare prima o poi, quindi dovrai esercitarti per bene sul tuo strumento per dimostrare che hai appreso la lezione.

E la lezione stessa è solo l’inizio, in quanto il vero Allievo supererà solo il Maestro, in questo caso la vita stessa con relative esperienze, solo quando il primo avrà saputo inserire nel proprio contesto personale gli insegnamenti del secondo.

Vedendo il tutto sotto tale filosofia si potrebbe dedurre senza problemi che Mister Gargaro abbia ben appreso questa filosofia di vita, per tanto può permettersi senza indugi di esplorare stili differenti senza mai risultare fuori luogo e dimostrando anzi una classe cristallina ed una capacità di comunicazione fuori da ogni standard: segno che anche quando il riff sembra non esattamente originale, ecco che il buon Alfredo ti tira fuori un dettaglio, un arrangiamento o in ogni caso un’idea in grado di evolvere quel brano verso qualcosa di ben altro livello. Roba di cuore, sentita e pensata, perchè un chitarrista è innazitutto un comunicatore e sa bene che ha infiniti mezzi a disposizione per convincere il pubblico del proprio talento: la chitarra è solo il mezzo con cui, idealmente, decidi di comunicare quello che hai dentro, mentre tutto quello che riproduci tramite essa è il linguaggio della tua anima. Se quest’ultima è derivativa, presuntuosa e vuoto allora anche la tua musica sarà di tale livello in quanto, personalmente parlando, francamente non ho mai creduto al musicista come qualcosa da scindere dalla musica che egli stesso crea…in un brano non conta quanta roba ci metti, ma quanto vale quello che crei nel complesso.

E il complesso, vale a dire quel mix di brani proposti dal barbuto chitarrista, in questo caso convince appieno. Partendo dalle poderose scalate strumentali della title-track (caratterizzato da delle prime battute estremamente moderniste, dagli echi quasi nu-metal, per poi evolvere definitivamente il tutto verso grandi musicalità infrarcite di puro hard rock strumentale) fino ai numerosi brani in cui vediamo coinvolti musicisti di ogni genere ed estrazione, quel che abbiamo sul piatto è come una sincera esaltazione della più pura arte espressiva.

Purezza quindi, oltre che classe.

Purezza in quanto il nostro chitarrista pare mettersi a completa disposizione dei propri ospiti, e loro sembran fare altrettanto, portando la simbiosi artistica verso livelli molto alti e facilmente percepibili anche dall’ascoltatore meno impegnato: il grandioso hard rock moderno di brani come il terzetto rappresentato da ‘Burning Down’, ‘Kill The Flame’ e ‘She Shark’ (quest’ultima ricca di un denso feeling ottantiano, ma nel complesso ogni brano ha il suo perchè e riesce a rimanere ben impresso nella testa) scuote anima e fianchi, con un groove ed un’armonia di ottima fattura grazie agli incastri quasi perfetti delle performance dei musicisti coinvolti.

Dopo un ottimo inizio, si riparte verso una nuova parentesi strumentale quale è ‘Different Soul’, dove Gargaro dimostra di essere davvero un’anima diferente dal solito, capace di parlare un linguaggio universale in grado di mettere d’accordo tutti coloro che siano disposti ad ascoltarlo. Questo brano è sul serio un  valido esempio di come, anche quando si fanno le cose completamente avvolti da se stessi senza il bisogno di appoggiarasi a collaborazioni altrui, si possa essere completamente convincenti ed appaganti grazie all’elegante e calibrato mix di tecnica e cervello. Bontà espressiva, produzione calibrata ed arrangiamenti studiati e mai ridondanti. Un disco rivolto al pubblico quindi, più che ai soli chitarristi ed addetti ai lavori, e ciò viene ulteriormente dimostrato dalla presenza di brani come la furoreggiante ‘Exodus’, dalle corpose sfumature power metal, oltre che dalle suadenti melodie vocali (ci muoviamo in puri territori AOR) di ‘Deadly Ride’, come sempre ben fuse ed arricchite dalla personalità mutevole ma sempre convincente del chitarrista protagonista di questo lavoro.

Completano il tutto le moderne sfumature gotiche, quasi pop, di ‘No More Free’, seguite dalle grandi melodie della ballata ”Till The End Of Time’ e la sfuriata finale strumentale di ‘Twister’, vero e proprio vortice finale di un disco così corposo e ricco di punti di apprezzamento, che pare destinato a molta più gente di quanto il genere possa far inizialmente intendere.

Classe, gusto e modestia quindi, si confermano, tramite questo disco, come un terzetto di assi perfetto per poter esprimere se stessi senza timore alcuno anche all’interno di un caleidoscopio musicale così ricco e variegato, assi fondamentali per definire la propria firma in qualsivoglia situazione, senza mai perdersi nelle molteplici vie offerte dal camaleontico mondo delle sette note.

Alfredo, ce l’hai fatta.

 

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