Recensione: Vault of Horrors

Di Daniele D'Adamo - 15 Marzo 2024 - 0:00
Vault of Horrors
Band: Aborted
Genere: Death 
Anno: 2024
Nazione:
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78

Aborted, ed è subito massacro assoluto! Fedeli alle tematiche ispirate allo splatter retaggio dei più cruenti dei film horror, l’ormai leggendario vocalist nonché membro fondatore Sven De Caluwé guida la sua band alla messa in opera del dodicesimo full-length, “Vault of Horrors” (nomen omen).

La formazione belga gode ormai di un tasso di tecnica strumentale elevatissimo, frutto di tanta esperienza nel campo del metal ultra-estremo ma anche di tanta dedizione al lavoro e all’approfondimento di uno stile musicale che rende la formazione stessa un’istituzione in campo internazionale.

Osservazione, quella sopra, indispensabile per descrivere il livello di atrocità sonora raggiunto con quest’ultimo disco; livello che non sarebbe mai possibile raggiungere se alle spalle, oltre al talento naturale, non ci fosse un duro lavoro fatto di innumerevoli prove e di studio delle branchie più… chirurgiche della medicina, parlando di testi.

Anche se iper-tecnico, il metallo della morte sciorinato dal combo di Beveren non ha nulla a che fare con il technical death metal. Invece, come del resto si può dedurre leggendo la sua biografia, il lievito fecondante dell’attuale, spaventoso suono che fuoriesce dagli speakers è il grindcore. In primis. Magari con una spruzzata di brutal, questo sì, tenendo comunque sempre fede ai dettami di partenza, fissati attorno alla metà degli anni novanta quando il grindore, appunto, si evolveva inglobando le fogge più riconoscibili del death metal.

Questo per dire che lo stile non è fisso su un unico obiettivo, bensì multiforme nell’assorbire quanto di meglio ci possa essere dai su menzionati generi e sottogeneri. Death tecnico con pennellate atmosferiche, tendente al grindcore: ecco come sono oggi gli Aborted, almeno a parere di chi scrive. Inserimenti ambient assolutamente imprescindibili, si aggiunge, affinché il sound assuma quei toni cupi e inquetanti in maniera che si adattino, combacino, vibrino con quanto narrato nelle varie canzoni.

Canzoni fra le quali non si può che menzionare l’opener-track ‘Dreadbringer’. Partendo da un intro tetro e maligno, ecco che scoppia il finimondo, condotto dai terrificanti blast-beats di Ken Bedene, cioé quanto di più devastante ci sia in circolazione o quasi. Eppoi le chitarre, mosse da mani inumane, quasi da usarle come affilatissime asce sì da squarciare le budella, immediatamente reattive per dal luogo a un main riff da capovolgere un carro armato. Il devasto è totale, l’annichilazione scuote materia e antimateria per erogare inconcepibili quantità di energia. La spinta è tremenda, che, metaforicamente parlando, raggiunge vari numeri di G., in modo da premere la materia cerebrale sino a trasportarla nell’allucinante universo dell’hyper-speed.

De Caluwé contribuisce in maniera fattiva a questo immane sfacelo grazie a delle linee vocali che s’intersecano fra loro come spade, dando prova di growling, inhale e harsh vocals eseguiti al massimo delle possibilità umane. Un feroce condottiero che conduce il suo esercito all’aggressione totale della carne e delle ossa che compongono l’apparato uditivo prima, e dei neuroni dopo; presumibilmente incapaci di resistere a una pressione del genere (‘Brotherhood of Sleep’) per un’immaginaria morte cerebrale.

Pressione insostenibile anche quando i Nostri rallentano, per modo di dire. I mid-tempo e gli up-tempo sono di una pesantezza abissale, tali da premere la gabbia toracica sino a spezzare il respiro (‘Death Cult’), peraltro ideali territori in cui scatenare il talento solistico dei due formidabili axe-man.

Detto questo, sembrerebbe che l’LP sia esso stesso una tortura, impossibile da digerire, impossibile da mandare a memoria, impossibile da concepire. Il che ovviamente non è vero giacché, al contrario, brani come ‘Hellbound’ e ‘The Shape of Hate’, per esempio, sono una goduria per chi ama le sensazioni non forti ma fortissime.

Alla fine si può affermare che “Vault of Horrors” sia una specie di prova di forza per dimostrare quale sia il gruppo (musicalmente) più violento al Mondo. Gli Aborted? È probabile…

Daniele “dani66” D’Adamo

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