Recensione: Vazio

Di Daniele D'Adamo - 12 Marzo 2021 - 0:00
Vazio
75

Dei Sepulcros si sa ben poco. Anzi, pochissimo: che sono portoghesi e basta. Il resto è avvolto nel più fitto mistero. Un’attitudine, questa, che si è notata più volte sia nelle formazioni di black metal, sia in quelle di doom. Che è il caso in ispecie.

In fin dei conti, e non è un approccio tecnicamente erroneo, a parlare deve essere solo la musica. Il resto del pacchetto, cioè nomi, cognomi, discografia, biografia, ecc., fanno parte di una specie di involucro vuoto, buono per statistiche e robe del genere ma ininfluente per quello che è, al contrario, un guscio pieno: il disco e le note che contiene.

“Vazio”, questo il nome dell’ultimogenito oggi in uscita (almeno questo, si sa) rappresenta un’anima multiforme. Il doom fa da padrone, ma si possono individuare altri generi, suoi stretti parenti, come il death e il black. Oltre a un approccio atmosferico teso a rendere quanto più vivide possibili le visioni scatenate dall’ascolto dell’LP. Approccio che sta prendendo piede un po’ ovunque e che, a parere di chi scrive, forma un elemento-chiave per inspessire l’emotività di una musica che, altrimenti, avrebbe meno da dire.

Dopo il rituale incipit ambient, rabbrividente per via dei suoni inumani che si odono, parte la title-track. Considerabile una suite per via del suo agitarsi assieme a ritmi anche assai diversi fra loro, immersi in una matrice la cui struttura ha una forma sì lunga, ma anche spessa. E così è per le altre canzoni, esclusa l’ultima, ‘Humana Vacuidade’, closing-track dai toni horrorifici esattamente come la già citata opening-track (‘Involucro Oco’).

Tornando a ‘Vazio’ e alle sue compagne, si può apprezzare la produzione, seppur underground, della sempre più incisiva Transcending Obscurity Records. Il suono è infatti carnoso, pieno, profondo, ricchissimo di sonorità dal ridotto numero di hertz. Caratteristiche, queste, retaggio distintivo della foggia di cui trattasi ma non sempre messe in evidenza come si dovrebbe. Il ritmo stupisce anch’esso, giacché varia da battute al minuto che si contano sulle dita di una mano per scatenarsi improvvisamente in un feroce, convulso, caotico, bestiale blast-beats, per poi acchetarsi nuovamente. Ritmo invogliante una similitudine con l’interpretazione vocale di SB. Totalmente intelligibile, egli erutta a fiotti un roco growling che s’incastra alla perfezione nei lugubri riff delle chitarre, generando un senso d’inquietudine, angoscia, ansia. Come se appena sotto la superficie terrestre ci fossero enormi caverne abitate da essere innominabili, pronti a ghermire chi avesse la sfortuna di centrare la via d’entrata. Uno scenario questo, che ben si accoppia con i furibondi scatenamenti del drumming a opera di JS e il tuono indecifrabile prodotto dal basso di AH. Le chitarre, si diceva. Manovrate da NZ ed RT, realizzano una buona commistione fra la parte eminentemente ritmica a quella esclusivamente solista. Certamente non ci sono da aspettarsi chissà quali melodie ma, di contro, si può apprezzare un lavoro sinergico a tutto tondo che arricchisce, e non poco, il sound del platter.

Così facendo, pare che gli iberici accettino sia di catapultarsi in abissi formatisi dal passaggio di infinite ere geologiche, sia di vagare nell’etere notturno, quasi per far propagare nell’aria la loro onda di oscura tristezza e tangibile depressione. Un alternarsi che definisce uno stile certamente non originalissimo ma comunque indicativo di un gruppo dalle idee ben chiare in testa.

Niente di nuovo sotto il sole, pardon sotto un cielo senza né luna né stelle, ma con una consapevolezza: quello che scorre attraverso i solchi di “Vazio” è doom di prima qualità. I Sepulcros paiono aver vissuto e vivere tutt’ora in una polverosa catacomba senza tempo, il che li identifica come astratta entità dalle forme riconoscibili. Anche nel buio più fitto: quello nero come la pece.

Daniele “dani66” D’Adamo

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Anno: 2021
75