Recensione: Vehementia
Vehementia è il ritorno dei rinnovati Abhor che, dopo un disco d’assaggio come il precedente Vocat Spiritum Morti, abbandonano buona parte della “pomposità barocca” passata per lanciarsi in uno stile agile, melodico, nonché svedese nell’animo. Crescono con questi presupposti melodie e costruzioni attente, precise negli accostamenti ritmici tra corse spedite e riff dai lineamenti duri e suoni puliti tagliati di netto.
Gli Abhor di oggi sono più elettrici, più classici se vogliamo, ma non rinnegano l’approccio esoterico ed il loro “manifesto ideologico”, per cui il black dei patavini resta sempre quello delle foto indossando tuniche nere, delle arti magiche ed occulte, delle citazioni impegnate come il Solve et Coagula (un concetto fondamentale dell’Alchimia) richiamato in “Garden of Philosophers”.
Malgrado i mutamenti recenti nella formazione, la band resta padrona delle proprie idee musicali ed è capace di circondarle con atmosfere da sabba nero e vocals varie, prima bestiali in growl, poi più distorte e filtrate, due delle sfumature assunte dal singer Ulfhedhnir.
Vehementia funziona, corre spedito, cala leggermente di tono in alcuni episodi ma tiene sempre alta la testa ed ha il pregio/difetto di essere estremamente diretto, sicuro. Senza girare attorno alle sensazioni, le punta e per questo suona facilissimo da assimilare, abbastanza profondo ed immediato, dando quasi l’impressione di durare meno dei suoi quaranta minuti.
Per predilezione personale, avrei gradito un suono più sporco per accentuare le escursioni dure, ma questo non inficia la bontà del riffing freddo e dal sapore arcaico di “Evocative Prayer to Lilith”, oppure dell’avvicendamento riuscito tra un ritmo più lento ed un attacco teso e thrash oriented in “Fabled Ceremony”. Va però a “Shamain (Umbrae Ritualis)” la mia preferenza, traccia che avevo già notato dal vivo e che anche su disco si distingue dall’alto del suo tema principe da rituale sacrificale, melodico ed estremamente evocativo. Il disco si chiude con la lunga appendice di “Shamain…”, prosecuzione ideale tra i frati incappucciati in copertina, impegnati a concretizzare uno dei loro ignoti rituali; trovata molto classica direte voi, ma che fa sempre la sua figura in un contesto come questo.
Vehementia apre un nuovo corso per gli Abhor, disco inequivocabilmente black metal e con qualche contatto alla tradizione italiana fusa nel sound svedese. Credo che anche i meno convinti dai loro album precedenti potrebbero tornare sui loro passi dopo l’ascolto di Vehementia.
Tracklist:
01. Ignis Sulphuris
02. Evocative Prayer to Lilith
03. Garden of Philosophers
04. Monarch of Lie
05. Fabled Ceremony
06. Rivers of Incense
07. Principium Ater
08. Shamain (Umbrae Ritualis)