Recensione: Veil Of Imagination
Quando arriva il momento dell’ascolto – che si tratti di composizione, musicalità, originalità, atmosfera o semplicemente un’energia particolare che si cerca nella musica – tutti i sensi uditivi inconsciamente si fanno avanti. Veil of Imagination deve essere considerato un’esperienza, un disco di trascendentale e raffinato, che soltanto la mente umana può concepire, nessun altro.
I Wilderun, originari del Massachusetts, con questo terzo lavoro uscito nel novembre 2019, rievocano toni già proposti dagli Opeth dei tempi d’oro (quelli che piacciono a molti fan prog. metal) ma non per questo vanno considerati una band che celebra altre band in modo derivativo. Il loro pregio è di unire prog. metal e anche una componente folk.
Per farci subito un’idea, partiamo con i primi quattordici minuti di “The Unimaginable Zero Summer”, dove violoncelli, chitarre acustiche e la voce di Evan Anderson Berry fanno da apripista a un sound sinfonico ed epico. La cosa interessante è che la “malignità” di questo brano viene ingannata da parti ambient dalla musicalità colorata, che non è passiva e fa proseguire senza troppi indugi l’ascolto. “O Resolution!” ripresenta la stessa ricetta, alzando lievemente l’asticella dell’epicità e tenendo all’angolo ogni dubbio che (probabilmente) l’ascoltatore può nutrire, ma ci arriveremo più avanti. “Sleeping Ambassadors of the Sun” dalle note calde, lievi e sognanti, sfuma delicatamente andando a toccare le parti più intime che abitano dentro di noi, ma alla fine c’è sempre il colpo di scena che stravolge e stupisce allo stesso tempo. Se volete apprezzare questo brano, datevi tempo ed entrateci a fondo. “Scentless Core (Budding)” è un bellissimo intermezzo (se così si può chiamare) di tre minuti che tiene a braccetto tutto quello che c’è stato fino ad adesso e ci addentra nella parte centrale del platter, presentando in nuove vesti Veil Of Imagination. “Far From Where Dreams Unfurl” infatti, a differenza dei precedenti brani, è più sul lato progressive rispetto a quello folk, mantenendo però sempre quello stile che c’è stato fin dall’inizio dell’ascolto. Il secondo intermezzo “Scentless Core (Fading)” ci porta verso la terza e ultima parte di questo viaggio immaginifico: il prossimo step che dobbiamo percorrere è, guarda caso, “The Tyranny of Imagination”. Anche qui, come nella seconda parte, il disco entra in scena con una nuova sfumatura improntata verso il death metal. Profonda, abissale e tecnica al punto giusto, la composizione propone assoli velocissimi e coerenti con il mood complessivo del brano, per poi esplodere scatenando l’ira della band che sprizza da tutti i pori. Il disco si conclude malinconicamente con “When the Fire and the Rose Were One”, un titolo che vale più di mille parole, poetico e che raggiunge picchi altissimi e di gran classe. Trovare un compromesso musicale tra furia e orchestrazioni, un po’ come avviene per i Fleshgod Apocalypse, non è facile, bisogna disporre di tutta l’apertura mentale possibile. Quest’ultimo brano è una chiusura magnifica che termina con una voce narrante, chitarra e pianoforte dal suono eloquente, e che si interrompe di colpo, senza alcun avvertimento, lasciando di stucco l’ascoltatore come di fronte a un brusco risveglio…
Come dicevo all’inizio, voglio essere lungimirante con i lettori. Probabilmente questo album ricorderà gli Opeth (fino a Watershed per intenderci), oppure gruppi come Ensiferum o Wintersun per chi è abituato a un territorio più folk e death. Sta di fatto che Veil of Imagination è un disco che strutturalmente e musicalmente non presenta sbavature di sorta, un album che si trasforma, si evolve, cambia pelle con gli ascolti e vanta una longevità d’ascolto invidiabile. Un lavoro, altresì, che inizialmente risulta ostico e che vi richiederà del tempo per essere assimilato al 100%: ormai, infatti, non è cosa all’ordine del giorno ascoltare un lavoro che ha tutte queste sfaccettature. Veil of Imagination vive di un sound nero ma che all’interno rivela tanti colori vivaci, questa la vera sfida che i Wilderun hanno fatto per voi. Mi raccomando, andateci con cautela, però andateci, lasciatevi coinvolgere da questo turbine musicale e ne rimarrete colpiti.