Recensione: Veleno [EP]
Furiosa, nuova realtà Black/Death Metal nostrana, i Mater Infecta sono il frutto delle visioni oscure di una gioventù aperta verso un suono che, riprendendo la giuste dose di ingredienti dal passato, riesce in parte a trasmettere il tutto in una ricetta discretamente personale. I difetti di questo primo EP “Veleno” coincidono esattamente coi pregi, ma per fortuna i primi non risiedono affatto nella qualità dei brani proposti, molto ben costruiti ed elaborati: le timbriche generali totalmente differenti nel suono conferite ai singoli brani (avvertibili soprattutto nelle chitarre, quindi non si tratta di semplici sfumature) spezza in parte la continuità dell’EP, ma riesce comunque a donare ai singoli episodi un’aura unica, come se fossero quattro macabri racconti all’interno di una raccolta che, composta dei quattro elementi di cui è poi congiunta, rappresenta “Veleno” nella sua interezza.
Le trame di questi quattro singoli episodi, il cui linguaggio espressivo si alterna fra italiano e inglese, possono apparire sulle prime apparentemente complesse, ma per i più navigati basteranno poche letture per comprenderne appieno le sfumature, ora più melodiche e ora ampiamente dissonanti per una ricetta composta a metà fra Dark Funeral e Belphegor, che però non disdegna il riecheggiare in vaghi spunti generalmente affini al Doom Metal (per ritmiche) o agli Incantation più ‘ariosi’ (notare le virgolette). Un suono totalmente variegato insomma, per certi versi accostabile anche a un modo di esprimersi tipico del Progressive (genere che sembra essere parte del background passato di almeno due dei componenti).
Il difetto dei suoni è perdonabile per via della natura totalmente e fieramente autoprodotta di questo breve ma convincente primo episodio, mentre le parti vocali della frontwoman Jana Maista risultano perfettamente decifrabili e ottimamente arrangiate, così come ottime sono gli idee generali (molto creativo e versatile il lavoro di Naz alla sei corde, così come il preciso lavoro ritmico del ‘picchiatore’ Nico). Il lavoro qui presente però, seppur riuscito, ‘pecca’ dei classici frangenti in cui il sound pare rimandare un po’ troppo ai modelli di riferimento mentre i nuovi brani, ascoltati dal vivo dal sottoscritto e che si sono aggiunti ai quattro qui presenti, si discostano maggiormente dai suddetti modelli proponendo un suono ancora più variegato e personale, segno che potrebbe realmente nascere un trademark sonoro facilmente decifrabile come “Mater Infecta”.
Le idee ci sono e sono molteplici, la messa in pratica per ora efficace al giusto: per essere una prima prova va benissimo così e non bisogna chiedere di più, soprattutto se si pensa ad altre realtà (anche decisamente più celebri e spesso ‘antiche’) che nei loro primi sforzi erano molto, ma molto più derivative dei pochi spunti in cui i Mater Infecta cascano nel tranello. Da musicista lo capisco, ci sono passato anche io con i miei primi lavori. Cresceranno ancora di più (e vedendoli dal vivo confermo una scrittura dei brani decisamente più matura e ancora più complessa) e me lo sento, ci conseguenza sapranno dire grandi cose.
Una realtà da tenere decisamente d’occhio, molto sopra la media.
In fondo, risvegliare l’attenzione di una persona ormai intorpidita dallo spesso stantio mare di proposte tutte uguali odierne quale il sottoscritto non è cosa facile…
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