Recensione: Venera
Musicisti esperti e perfettamente integrati nella comunità metal che conta, gli statunitensi Everdawn approdano alla Frontiers per il loro secondo disco, il primo essendo stato prodotto da un grande quale Dan Swano.
Noti anche per essere la side-band del bassista dei Symphony X Mike LePond, che ha dovuto abbandonare gli Everdawn per questo Venera a causa dei troppi impegni, gli americani propongono un Symphonic Metal più vicino ai Nightwish che non ai Within Temptation. La voce della canadese (di origine russa) Alina Gavrilenko ha quel timbro lirico che piacerà ai fan della band che fu di Tarja Turunen. Tuttavia, pur essendo piuttosto derivativi, gli Everdawn denotano un buon grado di personalità, frutto soprattutto della notevole esperienza e competenza dei musicisti; se, infatti, alcune melodie e il tono generale di Venera non può non richiamare l’evidente modello dei Nightwish, gli arrangiamenti, gli assolo, i suoni e alcune linee sono in vero abbastanza originali, rivelando una durezza metallica generalmente più marcata rispetto alle influenze cui la band del New Jersey è inevitabilmente debitrice.
Il disco non ha cadute di tono lungo tutti i suoi 14 pezzi, tra i quali sono degni di particolare menzione la bella Century Black, che ha un ritornello davvero di qualità, la strumentale Crimson Dusk and Silver Dawn (tiratissma) e la title track, che sa far interagire atmosfere diverse e costantemente cangianti. Ecco, forse proprio in questo sta il tratto distintivo e il valore aggiunto degli Everdawn, che hanno la non frequente capacità di accompaganre l’ascoltatore in un viaggio mutevole senza mai scadere in accostamenti forzosi. Ed è la lunga suite Truer Words Ever Spoken a rappresentare l’apice di questa caratteristica degli Everdawn, con quella sua progressiva alternanza tra atmosfere diverse, ben gestita nonostante un grado di naturalezza del fluire del pezzo forse inferiore rispetto ad altri momenti di Venera.
Al canto oppost sta Northern Star che, pur canonicamente Nightwish, ha una bella melodia, mentre Orion’s Belt scorre via che è un piacere e Samsara richiama gli Edenbridge. Infine, menzione d’onore per l’epicheggiante Justify the Means, che regala minuti davvero piacevoli.
Nel complesso, gli Everdawn sono una ottima band e Venera è un disco di tutto rispetto, capace di dire la propria in un panorama spesso stantio come quello dell’abusato Symphonic Metal. L’auspicio è che Venera non passi inosservato nell’attuale effimero panorama musicale ingolfato di troppe uscite.