Recensione: Vermin Soul
Quante strade hanno aperto i Mastodon? Il quartetto di Atlanta ha creato una vera e propria visione del metal, plasmata usando colori ben conosciuti su una tavolozza del tutto nuova, e hanno creato un flusso di ispirazione, di idee ancora da sviluppare che i più creativi tra i gruppi mondiali hanno poi saputo sfruttare.
Tra questi, come abbiamo avuto occasione di vedere già un paio di anni fa, ci sono i Bokor, in realtà gruppo di musicisti ben esperti anche se misconosciuti, che avevano saputo stupire con un Anomia1 davvero fresco, potente, efficace. Ci hanno messo il tempo giusto e sono tornati oggi con un album un pelo difficile, rispetto all’esordio: non si allontana di troppo dalla via tracciata, anzi, ma si mostra decisamente oscuro, a volte violento e involuto, ma sempre di altissima qualità. Con inni come Oh Glory In The Void e il loro incipit opethiano, gli svedesi dimostrano di saper mischiare le carte, sì, ma di saperlo fare con una maestria rara; e il lento crescendo del pezzo, con basso e chitarra che arpeggiano una spirale ascendente pronta a culminare nel potentissimo chorus, è quanto di più bello, oggettivamente, sentito per il genere negli ultimi anni.
Che atmosfere dipingono i Bokor? Malinconici e a volte incazzati, con un growl che ogni tanto fa capolino, sembrano avere da raccontare storie di desolazione, di disperazione, di sentimenti e di vuoto interiore; ma lo fanno con una vitalità che al gothic metal manca completamente. Vermin Soul pare voler essere la complessa, strutturata narrazione di un viandante dei giorni nostri davanti alla vita, con lontane visioni orientali, struggenti aperture melodiche di stampo gotico (la quasi title-track Varmint Soul, ad esempio), un muro ritmico incalzante, pulsante, vivo; e una voce vibrante, settantiana ma profonda, scevra da banali citazioni ai mostri sacri.
Un brano come l’imponente Iesu From Mattoroso ci accoglie come bambini davanti al fuoco, a narrarci leggende lontane e sentimenti nostrani, e cresce, cresce di ascolto in ascolto, fino a non lasciarvi più. Quindici minuti di poesia, sicuramente meno immediati del più diretto disco di debutto, ma non meno belli: musica per palati fini, a costo di suonare prolissa in certi passaggi. Arma a doppio taglio, quella della complessità strutturale; i Bokor sanno aggirare gli ostacoli più insidiosi, anche se a volte si perdono un attimo tra i labirintici passaggi da loro stessi creati, e in questo si può forse individuare l’unico lato debole di Vermin Soul.
Un album che, per il resto, mantiene le promesse e mostra quanto la strada di cui si parlava in principio di recensione sia ancora ben aperta, le sue ramificazioni feconde, e i suoi viandanti la percorrano con attenzione e profitto. Parafrasando il caro, vecchio Trey Azagthoth: intelligent music for intelligent people.
Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli
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Tracklist:
1. Viral Prophesies 06:04
2. Oh Glory In The Void 06:32
3. Varmint Soul 05:07
4. Iesu From Mattoroso 15:09
5. Mosquito Dreams 06:27
6. Seven Teeth Playfair (Out Of The Pit Of Oblivion) 08:25
7. Watching The Western Desert Freeze 05:08
8. … And In September, Father 04:06