Recensione: Versus the World [Reissue]
Altro mese, altra ristampa.
Versus the World è stato senza dubbio il prodromo del grande successo che di lì a poco avrebbe travolto i cinque guerrieri di Stoccolma, di fatto una delle band più importanti nel panorama melodic death mondiale. Uscito originariamente nel 2002, l’album fece parlare di sé per via di quella famosa “viking edition” che conteneva un CD aggiuntivo con tutti i demo della band, presentata in un’edizione di lusso e soprattutto promossa da un battage pubblicitario fino ad allora totalmente inedito: era chiaro che Metal Blade aveva deciso di investire pesantemente su quella band e mai decisione fu più accorta. Il vero successo infatti arrivò curiosamente con il controverso Fate of Norns, che avvicinò al genere sia coloro che rimasero già intrappolati nelle reti di Versus the World e sia coloro che al tempo ne rimasero intimoriti, per così dire, e trovarono pane per i propri denti con il più epico e cadenzato disco successivo. Insomma, un vero e proprio assalto a tenaglia: funzionò a Canne oltre 2000 anni fa e ha funzionato perfettamente anche in quei due anni che portarono gli Amon Amarth al dominio palchi dei festival più importanti del mondo.
L’album è stato già recensito nel natale del 2002 su queste pagine, e poco c’è da aggiungere: era un album killer allora e lo è anche adesso, a distanza di sette anni. Ammetto che rimane uno dei miei album preferiti: Death in Fire è mostruosa in sede live e non manca di figurare nelle scalette dei numerosi concerti tenuti negli ultimi anni; “And soon the World will Cease to Be” e “Across the Rainbow Bridge” sono di quelle canzoni che riconciliano con il mondo grazie alle melodie d’apertura coinvolgenti e di gran pathos, senza nulla togliere alla sinistra “Thousand Years of Oppression“, che vede Hegg sussurrare nell’orecchio dell’ascoltatore lanciando brividi lungo la schiena.
Pensandoci a posteriori, il vero segreto di questo quarto album di casa Amarth è probabilmente una collezione di riff portanti semplici ed estremamente efficaci che vanno a comporre brani diretti, granitici e immediatamente interpretabili: il songwriting a cui siamo stati abituati da Hegg e soci non è certo da tramandare ai posteri come esempio di eccentricità e di contorsionismo melodico, tutt’altro. Ma è probabilmente la chiave che li ha aiutati a divenire una band tanto apprezzata dal pubblico più variegato, che vede nella loro produzione un mezzo per far principalmente ribollire il sangue e per passare un’ora in pieno rush adrenalinico aspettando il momento della scarica liberatoria al primo concerto disponibile.
Parlando di concerti, è d’obbligo citare il secondo disco di questa nuova edizione che porta in tutte le case degli Amon Amarthiani la quarta e ultima giornata del ciclo di esibizioni tenutesi a Bochum negli ultimi giorni di dicembre del 2008. Un live interessante, ben registrato e ben equilibrato in fase di missaggio. Hegg ha la voce parzialmente rovinata ormai, ma si può dire che l’età passa per tutti, anche per i vichinghi. La “figura teatrale” che deve interpretare di guerriero vichingo a 360°, prodotto collaterale del makeup d’immagine concordato con Metal Blade ai tempi del loro rilancio, lo costringe da alcuni anni non solo a cantare, ma anche a parlare in growl sempre più frequentemente, il che ha ridotto la sua apertura vocale: il balletto tra growl e scream che ha donato tanto carattere ad album come Once Sent from the Golden Hall è ormai un ricordo, e si vede come Hegg si trovi decisamente più a suo agio parlando normalmente: nel passaggio tra “Thousand Years of Oppression” e “Bloodshed” è palpabile il sollievo provato nel parlare con un tono di voce normale.
Ciononostante, il live è suonato con precisione fin troppo chirurgica, e questo è un bene per i puristi… ma anche un male. Ho sempre pensato che lo scopo dei live dovrebbe essere quello di presentare al pubblico fedeltà e invenzione in egual misura, per creare quella sensazione di “show unico” impossibile da provare ascoltando nei CD da studio. Se un concerto riproduce esattamente, senza sbavature, quello che è già stato presentato nella discografia, l’esperienza live perde quel senso di unicità che invece dovrebbe essere la forza motrice che convince il pubblico a partecipare o a comprare un sempre più oneroso biglietto per un concerto o un festival. Piccole variazioni sul tema, qualche riff di troppo, magari un piccolo medley, tutto l’inatteso rende i concerti davvero degni di essere vissuti: chi non si è emozionato durante lo storico prolungamento di Running Free degli Iron Maiden in Live After Death? I Manowar si sono appropriati delle anime dei loro fan grazie alle migliaia di sorprese che rendono i giorni che precedono i loro concerti una continua, trepidante attesa da 20 anni a questa parte. Qualche variazione, senza esagerazioni, contribuirebbe a rendere i concerti degli Amon Amarth delle esperienze ancor più devastanti. Si nota comunque la gran partecipazione del pubblico di Bochum e una prestazione della band in toto degna di essere pubblicata in un CD a parte.
L’album contiene anche con una confezione di cartone nella quale inserire le restanti tre ristampe per formare un cofanetto.
Un prodotto decisamente destinato ai fan e decisamente superfluo per chi ha già acquistato l’album al tempo e che non vive quotidianamente di pane e Amon Amarth.
Daniele “Fenrir” Balestrieri
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TRACKLIST:
DISC 1 – REMASTERED
1 Death In Fire
2 For The Stabwounds In Our Backs
3 Where Silent Gods Stand Guard
4 Versus The World
5 Across The Rainbow Bridge
6 Down The Slopes Of Death
7 Thousand Years Of Oppression
8 Bloodshed
9 …And Soon The World Will Cease To Be
DISC 2 – LIVE IN BOCHUM
1 Death In Fire (Live)
2 For The Stabwounds In Our Backs (Live)
3 Where Silent Gods Stand Guard (Live)
4 Versus The World (Live)
5 Across The Rainbow Bridge (Live)
6 Down The Slopes Of Death (Live)
7 Thousand Years Of Oppression (Live)
8 Bloodshed (Live)
9 …And Soon The World Will Cease To Be (Live)