Recensione: Veto

Di Daniele D'Adamo - 19 Aprile 2013 - 18:50
Veto
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Anno: 2013
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92

 

Ed è di nuovo Heaven Shall Burn!

Incuranti del successo già ottenuto in virtù di una classe a 360° che trova pochi altri riscontri nel campo del metal estremo, di una cospicua produzione discografica e di un grande carisma durante le esibizioni live, i tedeschi piombano nuovamente sul mercato discografico con la loro settima creatura di lunga durata: “Veto”.  

Con “Invictus”, precedente uscita del 2010, il combo teutonico aveva già raggiunto considerevoli livelli di efficacia nell’interpretazione del moderno deathcore, fondendo in modo ottimale la brutale aggressività del death metal alle melodie dal forte impatto passionale. Il tutto, tenuto assieme da quella componente *-core tale da amalgamare nel mercurio un sound potentissimo ma allo stesso tempo tagliente come la lama di un bisturi.

Un netto miglioramento complessivo da quel lavoro, insomma, sarebbe stata un’impresa difficile se non infattibile. Il deathcore, difatti, è un genere che in linea teorica non consentirebbe grandi margini di sviluppo attorno a dei dettami stilisti ormai consolidati come il granito. I muraglioni di suono generati dai riff thrasheggianti delle chitarre, le sfuriate dei blast-beats unite ai rallentamenti dei breakdown (questi più usuali nel metalcore), il growling isterico spesso associato allo screaming per una foggia troppe volte uguale a se stessa e, non ultimo, un impatto generale dal timbro poco variabile sembrerebbero dei paletti impossibili da superare.

Non per gli Heaven Shall Burn che, pur mantenendo intatta la loro personale interpretazione del genere che ha partorito piccoli capolavori come “Endzeit” (da “Iconoclast”, 2008), hanno spinto con inaspettata decisione il piede sull’acceleratore dell’accuratezza compositiva. Dando quindi per scontato un sound che, perfettamente adulto, va per la sua strada da sé via via che cresce l’esperienza, Marcus Bischoff e soci si sono buttati anima e corpo sulle canzoni; ponendole al centro degli sforzi che hanno reso concreto “Veto”.    

Non ci vuole molto, per percepire questo deciso passo in avanti compiuto dalla band nella scelta delle armonie da coniugare alle bordate caratteristiche del deathcore: “Godiva”, dopo un morbido incipit, mostra una superlativa varietà nel rifferama, proponendo passaggi – mai intricati – veramente accattivanti nella loro sintonia. Bischoff è forse il miglior interprete nel suo campo, poiché malgrado urli come un ossesso, mantiene vivo il proprio timbro vocale cantando… per davvero in barba alle uniformità intrinseche al growl/scream. Però, a questo indubbio vantaggio, i Nostri hanno saputo dare un valore aggiunto a livello prettamente musicale: dopo pochi ascolti, infatti, tutte le sezioni dell’opener diventano assolutamente familiari e, soprattutto, irresistibilmente gradevoli all’udito. “Land Of The Upright Ones”, d’altro canto, è una terrificante bombardata sui denti (con qualche azzeccato campionamento cyber) che rende onore alla fama di morale macchina da guerra che gli Heaven Shall Burn hanno conquistato sul campo. Questo bipolarismo spinto che involve da un lato una ferocia belluina e dall’altro il romanticismo antica maniera è, ancor di più di quanto succedeva nel passato, il vero leitmotiv di “Veto”.

E così, come “Die Stürme Rufen Dich” personifica la volontà di devastare le vertebre cervicali con il suo poderoso mid-tempo e il suo chorus anthemico, “Hunters Will Be Hunted” propone aire di ampio respiro, sempre sostenute da riff assassini, tese a rendere visibile quell’umore un po’ melanconico così ben rappresentato dal disegno di copertina. Di nuovo, “You Will Be Godless” è una spaventosa mazzata sulla schiena: cattiveria (musicale, s’intende) allo stato puro. Che, con una mossa geniale, fa da preludio a una song dai toni clamorosamente epici, confluenti in un ritornello che sa di mitteleuropa sino al midollo. Ancora, si possono anzi si devono segnalare “53 Nations”, forse la più ‘orecchiabile’ del lotto (il virgolettato è d’obbligo, data la formidabile potenza in gioco), e la conclusiva “Beyond Redemption”, insospettabile lento dalla grande profondità emotiva. E non solo per l’uso del violoncello…       

Un album senza dubbio notevole, “Veto”, destinato a rimanere impresso a lungo nella memoria dei fan degli Heaven Shall Burn, ma non solo. I quali, senza apparente difficoltà anzi con naturalezza, hanno messo sul tavolo un talento compositivo cristallino, allineata a quello dei più Grandi. Non si può parlare di gente come Iron Maiden giacché qui si tratta, sempre e comunque, di metallo estremo quindi poco avvezzo a passare per i timpani di milioni di persone e, comunque, figlio della Storia. Tuttavia, a ben vedere, la distanza – in termini di magica inventività – non è così astronomica come potrebbe apparire: s’intravede, insomma, l’alba di una nuova era.   

Daniele “dani66” D’Adamo

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