Recensione: Viides Luku – Hävitetty

Di Daniele Balestrieri - 10 Febbraio 2007 - 0:00
Viides Luku – Hävitetty
Band: Moonsorrow
Etichetta:
Genere:
Anno: 2007
Nazione:
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90

È sempre più dura ritrovarsi tra le mani album di questa caratura e tentare di ingabbiarli in una recensione che gli renda giustizia. A volte la musica trascende la parola scritta, che dimostra il proprio limite strutturale nel momento in cui si deve giungere a compromessi fragili e aleatori per descrivere sensazioni, attimi sfuggenti e profondità a volte abissali.
Del resto conosciamo bene i nostri cinque finnici, ed è proprio il loro modo di fare a incutere un certo timore reverenziale. Nati in principio come un esperimento dei cugini Ville ed Henri Sorvali, i Moonsorrow sono cresciuti a dismisura in un lasso di tempo relativamente breve, sfornando album che hanno ridefinito il genere stesso del Viking Metal grazie anche alle sfortunate defezioni di molti dei principali protagonisti del movimento, Quorthon primo fra tutti. Non è passato anno senza che un loro album destasse una certa meraviglia grazie agli arrangiamenti sontuosi e alle atmosfere avvolgenti che hanno generato capolavori del calibro di Kivenkantaja e Verisakeet.

Il punto di forza determinante per il successo della band, oltre al cantato del tutto particolare di Ville, è stato proprio la dedizione del tastierista/chitarrista/arrangiatore Henri Sorvali, il quale pare si fosse stancato dell’eccessivo clamore suscitato dai Finntroll e si fosse ritirato sull’eremo “Moonsorrow” per suonare la musica che gli pareva, quando gli pareva e come gli pareva. Finntroll per lavoro e Moonsorrow per piacere dunque, e tale dicotomia fu sottolineata anche dalla sua reiterata assenza dalle scene live come tastierista dei troll in concomitanza con una sua presenza sempre più dominante nei centellinati show proposti dai Moonsorrow specialmente tra il 2003 e il 2004. La curiosa battaglia di Herr Trollhorn contro la fama mediatica ha però incontrato lo scoglio più insormontabile di tutti, ovvero quello degli stessi fan, che incalzati da una fama sempre più dilagante specialmente sulla rete, hanno iniziato a mungere tutto ciò che mostrava la scritta “Moonsorrow”, creando aspettative fameliche per i lavori futuri della band finlandese.
Clamorosa, e a mio parere di pessimo gusto, è stata proprio la dichiarazione che i Sorvali, gonfi di un’irritazione che sa un po’ di presunzione, hanno rilasciato qualche giorno fa sulle principali testate musicali. Pare che alla vista di un V: Hävitetty trionfalmente adagiato al 16° posto della classifica dei dischi più venduti in Finlandia, abbiano esclamato un “Ma cosa dobbiamo fare per pubblicare un CD che non diventi un fenomeno commerciale?”
Cosa dovete fare? Ormai non ci potete fare più niente. Non è il CD in sé che ha trascinato in alto l’indice di gradimento, ma al contrario è stato semplicemente il nome “Moonsorrow”, che tra i fanatici del genere rappresenta semplicemente una garanzia di qualità. Il pubblico non ha acquistato Hävitetty, il pubblico ha acquistato “il nuovo dei Moonsorrow”, che è un discorso un po’ diverso. È quella che chiamo “sindrome Iron Maiden“, per cui se un giorno uscisse un EP di rutti della band probabilmente scalerebbe le classifiche in maniera altrettanto efficace. Il concetto di musica e di arte si astrae con il tempo, man mano che i sentieri più comuni vengono battuti e i confini si distendono indefinitamente, creando nuovi generi e ampliando a dismisura generi di per sé già saturi.
Se qualche anno fa avessimo menzionato una canzone che inizia a decollare solamente oltre il quinto minuto, che fatica a svilupparsi entro gli otto minuti, e che trova la sua prima parola (un urlo, tra l’altro) a un passo dai dieci minuti, probabilmente avremmo parlato di follia compositiva.

Oggi invece stiamo parlando di “Jäästä Syntynyt / Varjojen Virta“, mostruosa opener di 30 minuti e passa il cui ruolo è quello di avvolgere e stritolare lentamente l’ascoltatore nelle spire di un’esperienza musicale ossessiva e vibrante di spasmi epici e opprimenti. È vero, di certo non è un unicum storico, basti pensare alla prima traccia di “Født til å Herske” di Mortiis che ricorda questa canzone non solo dal punto di vista della durata (attorno alla mezz’ora), ma anche dal punto di vista strettamente musicale. Già perché prima di darsi al trance-speed da teenager, lo sfortunato Mortiis tentò di vedere lontano con il suo primissimo ambient che rievocava quelle stesse atmosfere gelide e nebbiose che introducono l’ascolto di Jäästä Syntynyt.
Ritorna sul trono dunque il concetto di ipnosi musicale, di lentissimo crescendo favorito dal continuo ripetersi ossessivo dello stesso riff – spesso dilatato per decine di secondi – che ha il compito di preparare all’esplosione finale, che avverrà tardi, tardissimo, quando il treno Moonsorrow corre già impazzito sui binari visionari di quest’ennesima miscela esplosiva di viking, folk e ambient fusi insieme dalla tragica voce del piccolo Sorvali.
Tra l’altro, che Ville non sia esattamente un’ugola d’oro non è una novità, eppure qui più che mai il suo ruolo di cantante/urlatore è stato messo in disparte. Se vi sentivate dispersi in tracce come Haaska o Pimeä, oppure sconcertati dalle infinite suite strumentali che in Verisakeet si trascinavano di movimento in movimento, questo Hävitetty vi darà ancor più la sensazione di distanze infinite scevre di qualsivoglia brano cantato. Il continuo flusso musicale ha un ruolo fondamentale in quest’album, e nonostante tutto c’è da rimanere piacevolmente “agghiacciati” quando il cantato decide di apparire tra le fitte trame musicali, anche perché è spesso coadiuvato dai quei cori traboccanti di epicità ai quali siamo stati ben abituati fin dai tempi di Raunioilla.

La prima traccia dunque, complice sia la sua durata che la sua difficoltà a emergere, risulta in principio la più ostica, specialmente se paragonata con la seconda “Tuleen Ajettu Maa“, di “appena” 26 minuti. L’epopea conclusiva infatti ritorna su alcuni sentieri già battuti in precedenza sia da Verisäkeet che dal demo Metsä, e risulta quindi leggermente più digeribile fin dai primi ascolti. Cori tumultuosi, riff incalzanti e richiami a questo o quell’album riportano l’atmosfera generale su binari più umani, e per questo più fruibili dall’ascoltatore occasionale. Persino le strofe cantate sembrano avere più profondità mentre la canzone continua nella sua opera di stordimento generato dall’ossessionante ripetersi degli stessi riff e delle stesse battute di tastiera.
Le schiere adoranti di Kivenkantaja, la canzone intendo, avranno modo di commuoversi per il soffuso richiamo musicale che permea il primo segmento del brano in questione, esattamente come i Bathoriani avranno un tuffo al cuore nell’ascolto di quel particolare suono di chitarra che è stato non solo dominante nella prima parte di Kivenkantaja ma anche in alcuni dei rigurgiti più epici di Hammerheart e di Twilight of the Gods, album che forse si avvicina di più a questo nuovo nato di casa Moonsorrow.
  
60 minuti, due canzoni. È questo probabilmente l’aspetto più complicato da digerire per coloro che non sono avvezzi ai colpi di testa dei nostri finlandesi. Chi è già abituato al loro sound si troverà a casa dopo qualche ascolto, mentre i neofiti potrebbero incontrare problemi forse insormontabili durante l’ascolto di quest’opera. Il vero problema è che qui ci troviamo di fronte a un prodotto di una raffinatezza esemplare, di un disco-non disco che esula da ogni genere di classificazione. Se Verisäkeet rientrava, anche se di poco, in un certo tipo di viking – grazie anche alla monumentale Karhunkynsi, traccia che amalgama in sé con equilibrio quasi soprannaturale tutta la furia dell’epoca pre-Kivenkantaja e tutta la delicatezza granitica dell’epoca post-Kivenkantaja – V: Hävitetty si libera dai pochi vincoli in cui era costretto e aleggia in uno spazio neutro, in un’anticamera, in un limbo che non risponde ad alcun richiamo del metal propriamente detto. Sotto sotto credo che buona parte dei fan dei Moonsorrow si attendessero un lavoro di questa portata, l’unica incertezza era data dalla direzione che avrebbero intrapreso.

Il risultato è un lavoro per palati fini, che all’inizio non mostra il proprio valore, ma che piano piano si dischiude in tutta la sua monumentale epicità, e tale opera di scoperta ha bisogno di molti ascolti. Già, perché Havitetty cresce ora dopo ora, giorno dopo giorno, e ripaga la fedeltà dell’ascolto con un trasporto visionario che pochi album sono in grado di garantire. Alcuni potrebbero non avere la pazienza di lasciar lavorare all’unisono entrambe le tracce, altri potrebbero non riuscire a scalfire queste canzoni-fiume dall’aspetto malinconico e leggermente inconsistente. È l’errore che la critica fece ai tempi dell’uscita di Kivenkantaja, ora valutato come uno degli album più taglienti dell’intero panorama folk-viking-pagan. Un altro errore del genere non è più ammissibile, specie con una band come i Moonsorrow che ha già abbondantemente dimostrato il proprio valore in fase compositiva e realizzativa.
La musica non è tutta uguale: alcune canzoni servono per scapocciare fino alle vertigini, altre per gelare il sangue, altre per passare un quarto d’ora alcolico in piena goliardia. Hävitetty è un’opera per viaggiare lontano, per sentire pulsare le arterie nelle orecchie. È un’opera che si legge con l’attenzione di un romanzo d’autore, e che si giudica come tale.
Anche la custodia di plastica del CD – unica nel suo genere – e lo stesso libretto che si snoda in lunghezza piuttosto che in tante piccole pagine (un deciso richiamo al senso di lettura degli stessi brani?) ci suggeriscono che V: Hävitetty diventerà un capitolo speciale nella storia di questo genere. Se il buongiorno si vede dal mattino, prepariamoci a un 2007 da ricordare.

TRACKLIST:

1. Jäästä Syntynyt / Varjojen Virta (30:10)
2. Tuleen Ajettu Maa (26:19)

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