Recensione: Vile Extinction

Di Vittorio Sabelli - 16 Ottobre 2013 - 0:46
Vile Extinction
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2013
Nazione:
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75

 

Come formare una nuova band? Semplice, basta creare un blend potentissimo e aggressivo da togliere il fiato, che prenda come spunto i primi Sepultura, Slayer, Malevolent Creation, Sodom e Napalm Death ed ecco che il gioco è fatto. L’avranno fatto in centinaia di act questo discorso, ma sono poche quelle che sono riuscite a creare qualcosa di davvero interessante che non si disperda dopo il primo ascolto. Tra le poche band che sono riuscite a coniugare Death Metal con le ritmiche Thrash ci sono senz’altro i Merciless Terror, il cui nome è la combinazione del nome dei thrasher californiani Merciless Death con il loro ultimo disco “Realm Of Terror”.

Formatosi a Nottingham nel 2009, il quartetto ha avuto diversi avvicendamenti in line-up fino all’uscita del primo E.P. ‘Perpetual Devastation’ nel 2011. Il disco è stato accolto molto positivamente – complice lo zampino in fase di mastering di James Murphy – e l’attesa per il loro debut-album è cresciuta. Ed eccoci che “Vile Extinction“ prende vita negli Stuck On A Name Studio, missato e masterizzato da Ajeet Gill negli Hellfire Studios in co-produzione con Ian Boult. L’artwork è affidato al leggendario artista Jon Zig. Messi in evidenza i dettagli, passiamo all’aspetto più importante del disco, il contenuto. L’atmosfera si fa cupa sin dalla prima “Omicide”, in cui una tempesta sinistra è il giusto preludio per le restanti tracce di puro terrore.

“Doctrine of Malevolence” mette subito in evidenza la voce di Linsdell che brucia l’aria su un ritmo intossicato che spinge a mille sull’acceleratore. Distruzione allo stato puro sotto forma di thrash/death metal iniettato di riff nudi e crudi. Se il buongiorno si vede dal mattino…”Circle Of Contempt” prosegue sulla falsa riga dell’opener ed è semplice e pura energia allo stato brado che permea i sensi. C’è tutto ciò che serve per rendere l’atmosfera rovente, anche nei brevi intermezzi sottotempo. Le chitarre di “Enraptured” riescono ad imporre un frenetico riffing, adatto a un ottimo headbanging, con il solo di chitarra in stile tipicamente Slayer. Lo stesso potremmo dire del titolo “Baptised In Blood” e del suo main riff, che scatena blast-beat e una ferocia che si è capito essere l’arma di distruzione principale della band.

“Hateful Abomination” è a mio avviso il brano top dell’intero disco, con Linsdell che dimostra flessibilità sui vari registri, oltre a una possente carica energica che non lascia vie d’uscita, ovunque si provi a sfuggirne. I ritmi frenetici dei Sodom sono alla base di “Process of Eradication” che continua a massacrare l’ascoltatore, sotto i colpi del drummer Brush e le sei corde di Siddons, che riesce a sfoderare una miriade di riff come proiettili. “World Desolation” spinge Dale nei reparti gutturali, anch’essi ben gestiti dal leader, che spesso vengono raddoppiati con lo screaming.

“Imminent Death” è il brano più corto del disco, ma non meno devastante del resto, anzi, tutt’altro: un concentrato di adrenalina pura per tutti i suoi due minuti, battuti a mille dal ride di Brush e dal solo caotico di Siddons. Finalmente un breve respiro chiamato “Dystopic Visions”, degno episodio riflessivo dettato dalla sei corde, in un arpeggio nostalgico intrecciato a un solo melodico, che ci lasciano giusto il tempo di pagar dazio prima della conclusiva “Existence Denied”, che nulla toglie e nulla aggiunge a questo debut-album con i fiocchi.

Buonissime idee e soprattutto energia e adrenalina che scorrono a fiumi, che mi auguro possano permettere ai Merciless Terror di raggiungere un’ottima fetta di appassionati della musica estrema.

Vittorio “versus” Sabelli
 

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