Recensione: Vinterskugge
Nati da una felice idea di Fenriz, leggendario batterista dei DarkThrone, gli Isengard si impongono sul mercato fervido del black norvegese all’inizio del 1994, ovvero circa dieci anni fa. Il progetto si dimostra da subito molto interessante, visto che fin dall’inizio era chiaro che Fenriz avrebbe voluto inserire in questo album tutto ciò che non era adatto ai maestri DarkThrone, incatenati da un loro sound ormai inconfondibile e quindi poco adatto a certe variazioni invece evidenti in questi Isengard. Vinterskugge è un cd dalla durata monumentale (oltre 63 minuti) ed è diviso in tre capitoli: il primo è l’album effettivo, partorito da quello che era all’inizio un demo di nome Vandreren (ideato e registrato nel 1993), il secondo è il demo vero e proprio, Spectres Over Gorgoroth, dell’agosto del 1989 e il terzo è Horizons, che contiene materiale vario, tra cui una canzone dei primi mesi del 1991 e l’ultima canzone, Our Lord will Come, che vede un Fenriz giovanissimo alle prese con un’esperienza da vocalist forse al tempo un po’ troppo impegnativa per la sua ugola.
La cosa che sorprende immediatamente è la freschezza del materiale anche a tanti anni di distanza: la gente continua a sentirlo, anche se ormai è etichettato come “side project di Fenriz”, e probabilmente il motivo è che rappresenta una specie di congiuzione tra black metal, in alcuni tratti anche brutale come in “The Gruesme Death“, epic e viking metal. Insomma, è un respiro più lento che di certo non trovava spazio nei DarkThrone.
La canzone iniziale, Vinterskugge, è una delle tre perle dell’album, e da sola vale buona parte del materiale raccattato in giro. L’urlo iniziale, il riff ripetuto ossessivamente in un crescendo da brivido e le vocals molto Viking di Fenriz lasciano davvero soddisfatti. C’è da dire che ci sono state molte discussioni su come fosse Fenriz alle voci. Molti lo definiscono addirittura ridicolo, ma francamente io non ci trovo nulla di ridicolo. Certo non ha una buona apertura vocale, ma ha una voce piena, calda e pulita, e soprattutto molto personale, un’esperienza ben costruita che si ripeterà poi un anno dopo in Hostmørke, secondo e ultimo lavoro del progetto Isengard, per me non proprio alla stessa altezza di questo. Chi giudica ridicola una voce come la sua probabilmente deve giudicare ridicolo anche Vintersorg e la sua pompa nel cantare, e francamente non è il caso.
Seguono dalla splendida Vinterskugge tutta una serie di canzoni e strumentali che spaziano, come dicevo, da un genere all’altro, in virtù anche dell’album che è un melting pot di lavori che spaziano nell’arco di 6 anni. Anche le parti strumentali, come la seconda, hanno un sapore di black di quegli anni suonato con gusto e soprattutto con talento. Vedo poco lasciato al caso, e molto lasciato all’ecletticità dei musicisti. Non vi stupite se trovate pezzi lugubri, macabri, quasi doom nel loro incedere pesantissimo, o pezzi con clavicembali a coronare atmosfere gelide, come la seducente “In the Halls and Chambers of Stardust the Crystallic Heavens Open” (un titolo quasi Bal-Sagothiano). Geniale l’altra perla, Naglfar, unica canzone il cui testo è riportato nel “libretto” del digipak. Ancora una volta Fenriz ci mostra la tenuta del proprio diaframma riprendendo la lamentosità epica di Vinterskugge unendola a un epicissimo corno sintetizzato e a una ottima e vivace chitarra semplice sullo sfondo. Sembra quasi di vedere la nave di unghie solcare un po’ troppo allegra il mare, alla ricerca della piana di Vigrid. Ovviamente fa sorridere anche il poderoso rutto con cui si chiude la traccia.
Il lavoro scorre come un fiume in piena lungo Spectres over Gorgoroth, andando a scovare qua e là dei piccoli pezzi di storia dei maestri del black, che si cimentano in quelle prove musicali che adesso purtroppo sono pezzi da museo, per quanto erano insieme genuine e “true”. Non posso non citare l’ottima quattordicesima traccia, “Storm of Evil“, a detta di molti la migliore dell’album. Una traccia davvero originale, una gran prova di talento, con una chitarra e un sintetizzatore che spezzano di netto l’atmosfera di tutto l’album, mentre ancora una volta le clean vocals quasi saltellano su una batteria tamburellante, una diversione interessante e sicuramente degna di essere ascoltata. Conclude la sedicesima traccia, Our Lord Will Come, in cui una voce immatura di Fenriz stride nel contesto, regalandoci una canzone a tratti fastidiosa ma sicuramente una buona traccia di storia per chi è appassionato delle personalità, oltre che della musica in sé stessa.
Cosa dire, è un album che va sentito sicuramente, io lo trovo valido sotto ogni punto di vista, dal punto di vista storico, musicale e di varietà. Certo non vi aspettate una registrazione cristallina, anzi da buon black/viking/epic norvegese la qualità varia dal “buono” allo “scarso”, ma in questo genere non è mai un problema, anzi continuo a ripetere che è fonte di orgoglio. Tre canzoni ottime e tutta una serie di altri brani di grande respiro e di grande significato storico e musicale: vale tranquillamente il prezzo che costa, anche se ora come ora è leggermete difficile trovarlo. Se cercate un clone dei DarkThrone con le loro atmosfere irripetibili, beh non lo troverete negli Isengard. Questo è un prodotto variegato, multiforme, duro, ma si respira la genuinità dei grandi maestri del black norvegese, e scusatemi se è poco.
Daniele “Fenrir” Balestrieri
Tracklist:
Chapter One – Vandreren
- Vinterskugge
- Gjennom Skogen Til Blaafjellene
- Ut I Vannets Dyp Hvor Mørket Hviler
- Dommedagssalme
- In The Halls And Chambers Of Stardust The Crystallic Heavens Opens
- Fanden Lokker Til Dypet
- Naglfar
Chapter Two – Isengard Demo – Spectres Over Gorgoroth
- Thy Gruesome Death
- Deathcult
- Rise From Below
- Dark Lord Of Gorgoroth
- Trollwandering (outro)
Chapter Three – Horizons
- The Fog (early 1991)
- Storm Of Evil
- Bergtrollets Gravferd
- Our Lord Will Come