Recensione: Viola
Dopo ben otto anni trascorsi dalla fondazione del gruppo, gli italianissimi Schema Zeta riescono ad arrivare all’agognato traguardo del primo disco in studio, dando alle stampe un album di debutto accompagnato da un’elegante copertina in perfetta sintonia con il titolo scelto dal combo tricolore: “Viola”.
Gli Schema Zeta, remando controcorrente rispetto alla maggior parte delle band del Bel Paese, decidono di comporre un album “nostrano” sotto ogni aspetto, presentando una serie di brani cantati interamente in lingua madre. Questa caratteristica rende ancor più interessanti canzoni già di per dè impreziosite da una produzione asciutta e moderna in grado di valorizzare le capacità tecniche dei singoli musicisti, i quali dimostrano di saper comporre buone canzoni, sprigionando una potenza devastante senza porre in ombra la componente melodica, per un risultato finale complessivamente piacevole.
La violenta “Brucia Le Memorie”, riassume perfettamente quanto esplicato in apertura: il brano si dipana attraverso una serie di riff serrati e taglienti orchestrati dalla sei corde del bravo Ashes, sorretti da una sezione ritmica precisa e brutale, sulla quale si stagliano le rabbiose melodie vocali interpretate da Zed. Peccato che il vocalist non riesca ad evidenziare al meglio le parole che accompagnano la canzone, le quali purtroppo risultano spesso confuse, pur riuscendo ad emergere con maggiore efficacia in un refrain semplice ma ben riuscito
L’album prosegue su tonalità cupe e massicce con la spietata title track, la quale torna a mietere vittime a colpi di Heavy Metal granitico e suonato con grande perizia dalla band italiana aiutata – per l’occasione – dal bravissimo Fabio Lione, presente in qualità di ospite d’eccezione. Con la successiva “Creatura Del Buio”, i nostri incastonano un altro ottimo tassello di questo platter, mescolando alla perfezione potenza e melodia, anche in virtù di un cantato stavolta più ragionato e scandito da parte del singer, la cui voce resta costantemente in prima linea anche nella breve e cadenzata “Catene”.
La seguente “Eredità”, riporta il gruppo a viaggiare su velocità sostenute ma sempre con un occhio di riguardo per la melodia; buona anche la successiva “Medea” che fa il paio con l’altrettanto rabbiosa “Tra Il Silenzio e L’inumanità”, la quale alterna con sapienza velocità elevate a momenti maggiormente malinconici ed intimisti, come dimostra l’eloquente e notevole break strumentale.
Un drumming dilaniante si pone alla base della potente e melodica “In Questa Gabbia”, episodio che avvia l’ascoltatore all’ultima parte dell’opera, cui succede l’ interessante “E’ Tornato A Bruciare”, canzone che rappresenta forse il momento maggiormente melodico di questo esordio. Tornano i riff schiacciasassi nella risoluta “Clessidra”, la quale si segnala positivamente per l’ottimo ritornello che ne rappresenta la spina dorsale; ritornello che, come di consueto per la band italiana, precede un guitar solo di pregevole fattura.
A chiudere il lavoro arriva la rasoiata di “L’ostinazione E La Vergogna”, la quale permette agli Schema Zeta di consegnare al mercato discografico odierno un prodotto nel complesso gradevole ed ottimamente confezionato, seppur forse (almeno a parere di chi scrive), penalizzato dall’utilizzo della lingua italiana, fattore che costituisce da un lato un elemento di squisita originalità,ma che non sempre risulta del tutto adatto al genere di musica proposto.
Francesco Sgrò