Recensione: Violator
Se il buongiorno si vede dal mattino, questo 2008 è iniziato nel modo migliore per quanto attiene le uscite di HM classico. Dopo gli esaltanti lavori di Skanners e Tarchon Fist è la volta degli svedesi Lechery, al debutto discografico su full length con questo Violator. Analogamente agli album delle due band sopraccitate mi sono ascoltato il dischetto ottico oggetto della recensione dal primo all’ultimo pezzo per più volte consecutive senza mai avere la necessità di premere il tasto “skip”.
I Nostri – Martin Bengtsson(Guitar&Vocals) ex Arch Enemy, Fredrik Nordstrandh(Guitar&Keyboards), Robert Persson(Drums) e Martin Karlsson(Bass) – nascono ad Halmstad nel 2004, pubblicano un demo nel 2005 seguito l’anno successivo da un promo Ep. Quest’ultimo viene così definito sull’autorevole Sweden Rock Magazine da parte di Erik Thompson: “E’ il miglior demo che mi sia capitato fra le mani, contiene la durezza dell’HM inglese, la melodia del metallo americano e una produzione che rende giustizia al prodotto finito”.
Ebbene, sottoscrivo al 100% questa affermazione del collega svedese anche per Violator.
Rise With Me fa subito capire di che pasta sia composto Violator: asce chirurgiche, cori da stadio e il buon Martin Bengtsson che ricorda il Don Dokken dei bei tempi andati. La sana dose di violenza e doppia cassa che sotto certi aspetti è sempre mancata –giustamente, intendiamoci!- al gruppo californiano viene qui dispensata in dosi massicce. Come Alive parte con un riff Nwobhm – o, nella fattispecie, Running Wild, a seconda dei punti di vista – da paura per poi esplodere in un coro catchy che si stampa nel cervello. I Am the One lascia un poco di respiro nell’incipit per poi svilupparsi tra riff che paiono scritti da Abbath in versione “I” e cavalcate in stile Grave Digger. Incredibilmente anche la voce di Martin, solitamente più incline alla melodia, nell’occasione evoca quella del Signor Immortal.
Hero of the Night è Dokken al 100%, per un pezzo che potrebbe tranquillamente essere tratto da Tooth and Nail, compreso il solo centrale che materializza il fantasma del grande George Lynch. Per non far torto ai danesi Pretty Maids di Future World i Lechery confezionano la seguente Your Fate mentre What Burns in Their Eyes ruba il riffing agli W.A.S.P. di Blackie Lawless per poi colpire a fondo con i cori d’ordinanza. Slave Under Passion è sufficientemente epica: si snoda agevolmente fra chitarre assassine e chorus a la Twisted Fuckin’ Sister con un Bengtsson che “tira” al massimo. Why è ancora spudoratamente Pretty Maids; Cynical occhieggia ai London di Nadir D’Priest e riesce a confezionare il bridge+coro migliore di tutto il disco. Attraction è un mid tempo ‘noir” e roccioso e si chiude baracca con la “Hammerfalliana” Open Your Eyes, un episodio esageratamente tronfio ma carico di pathos che suggella in pompa magna la fine dell’album.
I Lechery con Violator sono riusciti a continuare il discorso interrotto dai Dokken con Back for the Attack – dopo i capolavori Tooth and Nail e Under Lock & Key – attualizzandone il suono per renderlo al passo con i tempi. Questo loro debutto è un crogiolo di metallo fatto di chitarroni inglesi anni Ottanta dal suono bombastico, melodia che fa riferimento all’heavy metal made in Usa e una sezione ritmica dalla pulizia impressionante, grazie alla produzione di Rickard Bengtsson(Arch Enemy, Spiritual Beggars e Armegeddon). Quello che però stupisce in Violator è il songwriting: senza inventare nulla i quattro svedesi riescono a confezionare ben undici pezzi che non denotano alcun sensibile calo di tensione. Manca la ballad strappamutande, ma non si può sempre avere tutto dalla vita.
Stefano “Steven Rich” Ricetti
TRACKLIST:
1 Rise With Me
2 Come Alive
3 I Am The One
4 Hero Of The Night
5 Your Fate
6 What Burns In Their Eyes
7 Slave Under Passion
8 Why
9 Cynical
10 Attraction
11 Open Your Eyes