Recensione: Violence Stays in Fashion
Adottando il nome di uno degli animali più pericolosi dell’Emisfero Boreale, l’Alce, sia per la ferocia con la quale difende i suoi cuccioli ma anche perché è causa di parecchi incidenti stradali, le più volte mortali (non perché guida ubriaco, naturalmente), i Finlandesi The Hirvi si sono fatti conoscere nel lontano 1989 con il Demo esplorativo ‘Demo 1989’, poi, più niente fino al … 2018, quando hanno debuttato con il Full-Lenght ‘Old School Killspree’, seguendo il principio filosofico che “le cose vanno fatte con calma”.
Devo dire che non sono riuscito a trovare molte informazioni sulla lineup di questa band: dai Metal Archivi ho appreso che diversi musicisti hanno ruotato intorno al frontman Juha Vitarnen (chitarrista e cantante), ma non so quanti della formazione originale militino in quella attuale.
Certo è che, dal 2018 ad oggi, il combo è più che stabile, come dimostra il secondo album dal titolo ‘Violence Stays in Fashion’, disponibile dal 1 luglio 2022 via Inverse Records.
Il loro è sostanzialmente un Thrash influenzato da Kreator e Destruction, condito con una buona dose di pazzia ed insania modello Voivod di ‘Killing Tecnology’. Il tutto, infine, tenuto sotto l’aura infernale del Thrash Metal primordiale.
Diciamo che sono arrabbiati ma anche sperimentali e sofisticati, arrivando all’imbocco dei sentieri dell’Avant-Garde e del Progressive, senza però entrarvi a fondo e, mettendo in campo parecchia tecnica (d’altronde … dalla Scandinavia …), riescono ad intercalare con le classiche sfuriate ad alzo zero elementi sonori diversi, folli anch’essi nell’essere strazianti e disturbanti, oppure improvvisi od ancora nostalgici.
Ascoltare la loro musica è come girare vorticosamente su una malefica giostra fino a che la materia che hai intorno comincia a perdere consistenza. Non è che ti vengono le vertigini, però la sensazione è intensamente psichedelica (anche quando hai 5, 6 medie in corpo ciò che hai intorno diventa vago, ma questa è un’altra storia).
Le parti efficaci sono quelle Thrash: voce malvagia, chitarre taglienti, un buon uso della velocità, per creare, appunto, la sensazione della giostra. Un bell’attacco sonico, insomma, coinvolgente e dirompente.
Le parti sperimentali invece … non sempre convincono: a volte, purtroppo, sono esagerate e fanno calare l’album d’intensità emotiva.
Ad esempio, un pezzo come la Title-Track, è talmente lungo e cangiante che diventa dispersivo, ad un certo punto non ci si raccapezza più.
Meglio un brano come ‘Burning The Churches’, più diretto, oppure ‘What Happens Next’, dove di sperimentale c’è solo qualche nota, od ancora ‘Kill The Young’, che alterna parti feroci ad altre più orecchiabili ma molto intense.
Divertente anche la conclusiva ‘Golgatan Veri’, violentemente distensiva.
Concludendo, ‘Violence Stays in Fashion’, pur se non originalissimo e con qualche sbavatura, è comunque un buon album, dotato di quella giusta personalità per rendere i The Hirvi più che interessanti. Mettiamo il loro nome tra quelli da seguire ed aspettiamo il prossimo lavoro.