Recensione: Violet Art of Improvisation [Reissue]

Di Stefano Ricetti - 15 Gennaio 2016 - 0:10
Violet Art of Improvisation [Reissue]
Band: Paul Chain
Etichetta:
Genere: Doom 
Anno: 2015
Nazione:
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80

Violet Art of Improvisation, uscito recentissimamente nella sua riedizione al solito accattivante da parte della Minotauro Records, come esplicitamente scritto all’interno del triplo cartonato simil-Lp in miniatura, rappresenta, per lo stesso Paul Chain, “La sintesi dell’anima musicale parallela a quella più conosciuta incisa fino a oggi – cit.”.

Nove canzoni distribuite su due Cd, registrate fra il 1981 e il 1986, che videro originariamente la luce nel 1996 già su supporto ottico, realizzate in modalità “improvvisata”, situazione da sempre alla base di tutto lo stile compositivo dell’uomo venuto da Pesaro, fieramente autodidatta.   

Tenere fra le mani un disco di Paul Chain, per giunta doppio, avviluppato dal colore viola a lui tanto caro “Il colore viola nasce dalla fusione del rosso e del blu (anche intesi come simbolo degli opposti) e molteplice è il suo significato – cit.” è sempre emozionante, anche per via di quanto realizzato e dal significato della sua precedente incarnazione artistica, non a caso denominata Paul Chain Violet Theatre. 

La confezione cartonata si completa di un pieghevole 24×36 cm, alloggiato al di sotto della “navata”  centrale, quella con una foto di Paul Chain del 1979 contenente, in doppia lingua, l’intervista ad un condannato a morte, Ted Bundy, giustiziato sulla sedia elettrica a quarantadue anni, in Florida (Usa), nel 1989, realizzata la sera prima dell’esecuzione  – leggasi qui intervista a Paul Chain del 1991, ove in un passaggio se ne parla -.   

Il primo cd, contenente tre pezzi, si avvale di una line-up d’eccezione, retaggio dei grandi Death SS degli inizi: oltre a Catena alla voce, chitarra e organo vi sono Claud Galley al basso e Thomas Hand Chaste alla batteria. Il periodo di composizione passa dal 1981 (Tetri Teschi in Luce Viola, Emarginante Viaggio) al 1984 (X-Ray).   

Tetri Teschi in Luce Viola, nella sua semplicità e prevedibilità, a livello di titolo – siam pur sempre al cospetto di Paul Chain, non di certo l’autore “più solare del west” – sforna oltre trenta minuti di sofferenza sonora, fra chitarre sanguinanti nei panni di madri degeneri di riff ossessivi, lamenti diffusi, recitazioni di sottofondo e deliri assortiti. Da brivido, nonché da manuale del Doom, l’agghiacciante suono dell’organo all’inizio del brano, ideale Caronte per l’ennesimo viaggio negli inferi made in Pesaro. Incredibile, poi, incappare di tanto in tanto in effetti elettronici degni dei grandissimi Rockets, campioni francesi dello space rock all’italiana. Già, perché proprio nelle Nostre lande i cinque argentati raccolsero i loro più grandi consensi della carriera… non di certo a Parigi e dintorni!

Tornando a Violet Art of Improvisation, Emarginante Viaggio è degno successore del brano che l’ha preceduto, perpetuandone il nero messaggio, fra il fonetico di Chain e la ripetitività di certuni passaggi. Chiude il Cd 1 X-Ray, traccia ove l’ascia posseduta di Chain fa il bello e cattivo tempo, fra nebbie cimiteriali, elettronica spiccia – vedasi sopra – e visioni lisergiche.  

Il disco due, a totale appannaggio di composizioni scritte nel 1986, si apre con il pezzo più “normale” del lotto ascoltato sino a questo punto: Old Way colpisce per la capacità penetrativa e la melodia malsana che Chain&Co. hanno saputo concepire. Per chi scrive l’highlight di Violet Art of Improvisation. Le note malate di un organo dipinto idealmente di viola ammantano le trame di Hypnosis, traccia numero due, che si avvale di suoni sintetici di marca Pink Floyd ad accompagnare sinistri sussurri di sottofondo.

Casual Two Your Mister porta in seno radici profondamente horror, ma nella loro accezione più scientifica, intellettuale e proprio per questo pericolosa, lontana anni luce dallo splatter esplicito.  La vecchia scuola Prog britannica fa capolino all’interno di Celtic Rain, pezzo ammaliante, per certi versi addirittura sensuale, portatore insano di luce, susseguente a tanta penombra e buio pesto. Dopo Old Way, la vetta compositiva del lavoro griffato Minotauro, per lo scriba.

La storia di un personaggione come Paul Chain, capace di lasciarsi alle spalle i miasmi maligni dei Death SS e di intitolare il disco del “distacco” Detaching from Satan non stupisce più di tanto che abbia deciso di intitolare un brano Dedicated to Jesus: quasi sei minuti di note liberatorie, dalle tonalità pastello, al servizio di un cantato da parte di Gilas (anch’egli facente parte del gruppo maledetto) che fa il verso agli accattoni da classifica del periodo, quelli che andavano sempre sul sicuro per piacere un po’ a tutti, ovviamente in modalità Paul Chain: magica, distante, misteriosa… Nomen omen, End by End chiude il drappo viola che avviluppa i nove brani dei due Cd per il tramite di una pletora di note imperiose emanate da un organo perentorio, accompagnato da un’immancabile litania sofferente.  

Violet Art of Improvisation non è lavoro per tutti i palati e men che meno di facile fruizione – per un viaggio in autostrada in questo periodo di nebbie fitte è decisamente consigliato ben altro tipo di musica, per i deboli di stomaco – proprio perché figlio dell’imprevedibilità di un artista controverso, passato attraverso le feroci critiche di una quota parte di pubblico che lo ha sempre identificato come un bluff, mentre tantissimi altri, ancora oggi, adorano quanto da lui realizzato in carriera. Di certo Paolo Catena da Pesaro non ha mai generato indifferenza, come nel caso di questo doppio “viola”…   

Qui di seguito un autorevole pensiero “esterno” su Violet Art of Improvisation, specificamente richiesto dallo scrivente a Fulvio Zagato, presidente del Paul Chain Fan Club, che ringrazio.

Buona lettura,

Steven Rich

 

Violet Art of Improvisation è un lavoro di indiscutibile interesse storico/artistico, pubblicato in un momento altrettanto particolare e, in apparenza, completamente “fuori contesto”. Questo doppio LP uscì infatti nel 1989, un anno dopo la discussa “svolta speed” di Ash, e immediatamente prima del “ritorno” alle più consuete sonorità hard/doom (seppur con maggiore raffinatezza) di Life and Death.

Nello specifico, Violet Art… raccoglie nove brani improvvisati e registrati artigianalmente fra il 1981 e il 1986; estremamente rappresentativi non solo delle diverse emanazioni musicali di Paul Chain (da sempre parallele a quanto fino ad allora ufficializzato su disco), ma soprattutto espressione tangibile e indelebile della sua vera identità artistica: assoluta libertà espressiva svincolata da qualsiasi preconcetto stilistico, e vocazione innata all’improvvisazione.

In questo senso, secondo me, il vinile in oggetto si può oltremodo considerare come un’anticipazione, più limitata nella durata e meno dispersiva nei contenuti, dell’imponente opera di recupero intrapresa tre anni dopo con le Relative Tapes (in realtà, alcune delle registrazioni in oggetto sono state poi inserite persino sulla seconda facciata di Whited Sepulchres, oltre che sull’omonimo 45’ Yellow acid ).

Detto questo, Violet Art… si presenta sostanzialmente in due parti distinte, sia a livello temporale che compositivo: la prima, più “rock” (nell’accezione più larga del termine), è quella di Tetri teschi in luce viola, Emarginante viaggio e X ray. Questi episodi catturano altrettante jam del trio Paul Chain, Claud Galley e Thomas H.C., che all’epoca costituivano anche il cosiddetto Paul Chain Group, progetto collaterale ai Death SS avviato da Paul già nel 1979 per dare libero sfogo alla sua urgenza creativa, in special modo attraverso l’improvvisazione.

Le due sessioni del 1981 (X ray è del 1984) rivestono anche una rilevanza storica aggiuntiva, in quanto testimoniano al contempo il primissimo periodo di Thomas H.C. nel P.C.G.; il talento e la personalità dimostrate nel corso di questi frangenti, inoltre, gli consentirono di essere quasi immediatamente “arruolato” come batterista ufficiale dei Death SS. Musicalmente, queste performance rappresentano nel migliore dei modi gli intenti e la cultura musicale della band: lunghe ed intense improvvisazioni dove rock, psichedelia, prog, avanguardie tedesche, post-punk e Bach (e chissà cos’altro…) si alternano e si sovrappongono senza soluzione di continuità, coagulandosi in un amalgama sonoro che trascende i suddetti generi.

La seconda parte di Violet Art… si sviluppa invece attraverso sei tracce decisamente più intimistiche, datate 1986, nelle quali Paul dà ulteriore sfoggio della sua autarchia artistica, riprendendo in parte l’approccio compositivo già palesato nella lunga suite che apriva Opera 4th (Our solitude…, registrata, guarda caso, nello stesso anno), ma con una maggiore partecipazione vocale. Old way, Hypnosis e Casual two your mister ripropongono infatti una sorta di “psichedelia elettronica liturgica” dove loop, echi e vortici sonori fanno da contraltare alle divagazioni di organo/sinth e voce (molto riverberata e “ultraterrena”) di Chain. Celtic rain è invece un’insolita ballata folk-psichedelica condotta da tastiere e chitarra, che Paul in questa circostanza suona anche con l’archetto, conferendo così al brano ulteriore specificità. Segue poi Dedicated to Jesus, una struggente composizione dove il tappeto di sintetizzatori viene impreziosito dall’inconfondibile voce di Gilas, ospite d’eccezione che consegna ai posteri un’altra delle sue rare e carismatiche interpretazioni. Chain, d’altra parte, arricchisce il tutto con due ispirati solo di chitarra, gli unici concessi nel corso di queste sei tracce. Il disco viene quindi degnamente chiuso da End by end : una solenne nenia tanto minimale quanto ammaliante, in cui un solitario organo accompagna l’ipnotico salmodiare di Paul, che ne completa, amplificandola, l’intensa aura sacrale.

Allegata alla versione originale di Violet Art… (ma anche in questa ristampa a doppio CD) è riportata l’ultima intervista rilasciata da Ted Bundy, spietato quanto insospettabile serial killer statunitense, che seviziò e uccise brutalmente un tutt’ora imprecisato numero di donne tra il 1974 e il 1978, anno in cui venne arrestato per essere infine giustiziato nel gennaio del 1989. Paul volle inserirne il testo per evidenziare la potenziale influenza aberrante dei mass-media, oltre che porre l’attenzione sull’inquietante dualismo dell’animo umano e sull’impenetrabilità dei meandri della nostra mente (tema che verrà ripreso su Opera Decima). Termino questa mia lunga dissertazione segnalando che le trasposizioni in CD di Violet Art… hanno permesso di includere la versione estesa di Tetri teschi in luce viola (30 minuti).

Fulvio Zagato.

 

 

 

Recensione a cura di

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

 

 

 

 

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