Recensione: Virtual Sin

Di Fabio Vellata - 27 Dicembre 2010 - 0:00
Virtual Sin
Band: Poison Sun
Etichetta:
Genere:
Anno: 2010
Nazione:
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64

Immaginate riff spietati e melodie scintillanti, mescolati ad una voce femminile che potrebbe sciogliere il più ghiacciato degli iceberg…

Nulla da dire, una presentazione assai invitante quella fornitaci dalla bio dei Poison Sun, neonata band tedesca che cela sotto un moniker piuttosto anonimo, l’autorevole personalità di Hermann Frank, pluridecorato ed esperto chitarrista noto per la militanza – storica ed attuale – nei leggendari Accept, oltre che per una serie corposa e qualitativamente cospicua d’album prodotti con Victory, Moon’Doc e Sinner.

Utilizzando tuttavia, uno sfruttatissimo ma sempre efficace luogo comune, è purtroppo necessario frenare in buona misura gli entusiasmi che vorrebbero, come consuetudine, convincerci d’essere prossimi all’esplosione di un nuovo ed irresistibile fenomeno in campo hard n’heavy.
Questa volta più che mai, non è tutto oro quel che luccica.
Ottimi propositi, potenzialità sulla carta senza dubbio notevoli e l’appoggio di un’etichetta di lustro e fama come Metal Heaven, sono decisamente buone basi al fine d’ottenere riscontri di alto profilo, nel tentativo, dichiarato e manifesto, d’inserirsi con successo tra le migliori espressioni di un filone come quello heavy, sempre prodigo di novità interessanti.
I migliori progetti e le fondamenta più solide, sono purtroppo però destinati a non offrire frutti di massimo livello, se non seguiti da altrettanta perizia ed abilità nel cesellare i rimanenti aspetti che, collettivamente, ambiscono a produrre qualcosa di significativo in ambito musicale.

In altre parole, i buoni fondamentali stanno a zero, se il valore compositivo si rivela poi essere imperniato su di un songwriting ordinario e piuttosto monocorde, privo di grossi sussulti ed incapace di mettere a segno linee melodiche brillanti e vigorose, indispensabili nel rendere incisivo non solo un singolo brano ma, come in questo caso, un intero album.
Al di là dell’indubitabile maestria nell’armeggiare gli strumenti, patrimonio riconosciuto di Frank e della sua crew di musicisti, quello che, in effetti, sembra davvero mancare in quest’opera d’esordio dei Poison Sun, è la capacità, concreta, di fornire un’interpretazione dei dettami cari al tipico heavy che vada oltre una rilettura scolastica, impersonale e pedissequa di quanto già fatto e rifatto – senza citare la pletora di altre band ad essi ispirate – da Accept, Sinner e UDO. Penalizzata, oltretutto, da ritornelli e cori non particolarmente memorabili e da trame rocciose, ma sin troppo primitive e scevre da grosse variazioni.

Molto buono il riffing proposto da Frank nel lancio dei vari pezzi, ipotetico preludio di qualcosa di senz’altro gagliardo. Validissimi gli assolo piazzati di quando in quando all’interno delle composizioni, distillati di potenza e padronanza delle sei corde. Peccato tuttavia che, nella quasi totalità dei casi proposti in scaletta (uno per l’altro, “Red Necks”, “Hitman”, “Killer”, “Excited”…) i brani siano poi destinati a sconfinare in una routine che non lascia spazio a voli di fantasia ma batte e ribatte sulle stesse, solite ed inesorabili, coordinate, apparendo dopo una moderata serie d’ascolti, come un arido monolite dalla personalità oltremodo scarsa, per lo più incapace di suscitare grandi emozioni.

Forse, l’elemento di maggior spicco, avrebbe dovuto essere costituito dalla presenza in line up della grintosa singer Martina Frank, ex corista degli UFO e Metal Lady indubbiamente preparata ed adatta al genere. Corde vocali non certo aggraziate e “femminili”, ruvide, potenti e dalle sfumature abrasive e graffianti: con tutta probabilità, una buona “arma” a disposizione utile nello stabilire un marchio di “fabbrica” proprio e riconoscibile. Le critiche in questo caso, sovvengono – nemmeno a farlo apposta – nei confronti della scarsissima bontà della produzione, fangosa, poco limpida e definita, in generale, colpevole di non porre in risalto la carismatica voce della singer tedesca che, proprio perché non dotata di caratteristiche da usignolo, necessiterebbe di una qualità di suono ampiamente nitida, compatta e meno “impastata” per non essere sommersa ed annichilita dal resto degli strumenti.

In buona sostanza, un disco questo “Virtual Sin” che a nostro avviso fallisce nel tentativo di accostarsi ai grandi capitoli della scuola heavy teutonica, assumendo il gusto, un po’ amarognolo, dell’occasione fallita. Un debutto altalenante nei valori, in cui il binomio luci-ombre è qualcosa in più di un semplice gioco di parole, che potrà essere materia di studio esclusiva dei grandi fan del genere.
Nulla a che vedere, insomma, con quanto di meglio prodotto dalla scena d’appartenenza.
A meno che, per giudicare un album, non vi sia sufficiente prestare ascolto ai primi trenta secondi di ogni brano. Nel qual caso…

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Tracklist:

01.    Voodoo
02.    Red Necks
03.    Hitman
04.    Rider In The Storm
05.    Killer
06.    Virtual Sin
07.    Princess
08.    Phobia
09.    Excited
10.    Forever

Line Up:

Martina Frank  – Voce
Hermann Frank – Chitarra
Stefan Hammer – Basso
Florian Schönweitz – Batteria

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