Recensione: Virtual Virtuosity

Di Onirica - 2 Agosto 2003 - 0:00
Virtual Virtuosity
Etichetta:
Genere:
Anno: 2003
Nazione:
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60

Ottimo esempio di quanto sia spesso necessario dover distinguere tra tecnica e genio, il disco solista prodotto interamente da Theodore Ziras non impressiona certo per gli sdegnanti virtuosismi che si susseguono dall’inizio alla fine ma al contrario dimostra che per essere un buon chitarrista non basta studiare. Anche se fra le undici tracce che compongono il disco questo chitarrista non prende mai in considerazione un discorso strumentale vero e proprio (manca originalità e struttura) non posso comunque ignorare in nessun modo la buona produzione, ciò che è stato registrato non accusa sbavature nè acciacchi ed inoltre devo tenere conto del rhythm programming allestito interamente dallo stesso Theodore. Probabilmente concedere la semplice sufficienza ad un lavoro così veloce e complicato potrebbe spaventare chi si trova alle prime armi con lo strumento, ma un disco viene inciso per essere ascoltato e vi assicuro che prestare orecchio a 45 minuti di gelido assolo indistinguibile nelle singole tracce non facilita assolutamente l’apprezzamento dell’album. Le ispirazioni del chitarrista greco di cui vi sto parlando sono comunque degne di nota, fra tutte spicca il nome di Michael Romeo ed in effetti il suo stile è quello che può essere maggiormente intravisto dall’ascolto di questo solo project, ma è obbligatorio citare anche gli altri nomi indicati sul booklet di questo Virtual Virtuosity: Malmsteen, Andy Timmons, Vinnie Moore, George Bellas, John Petrucci, Greg Howe, Jason Becker, Steve Vai e Joe Satriani.

Con una media di quattro minuti di durata per pezzo, ogni brano si trascina verso quello successivo con un vorticoso circolo di note che ben poco lasciano all’ascoltatore in quanto al desiderio di riascoltare questo lavoro. Come ho già detto manca originalità, questo non è un concetto difficile da comprendere ma quando mi riferisco alla mancanza di una struttura portante in ogni singolo pezzo, intendo dire che per fare un disco solista non è fondamentale che la chitarra produca un incessante assolo dall’inizio alla fine perchè questa è condizione sufficiente ma non necessaria per svolgere il ruolo di protagonista all’interno di un disco. Penso che le parti più rapide ed ingarbugliate debbano essere l’apice di un discorso strumentale più solido e corposo che qui non esiste, dopo tutto dove sta la difficoltà maggiore di scrivere un album solista se non nel riuscire a fondere aggressività e tecnica, atmosfera e sorpresa, raccontando una storia in ogni singolo pezzo?   

Andrea’Onirica’Perdichizzi

TrackList:

01. Terminus Ad Quem
02. Dark Valley
03. Depression
04. Air-To-Air
05. The Edge
06. Virtual Virtuosity
07. Fictitious Rhapsody
08. Your Majesty
09. Evermore…
10. The Boring Machine
11. Liquidity    

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