Recensione: Virus
Periodo ricco di uscite questo per gli amanti del power e del metal più classico. Tra le nuove release troviamo un gradito ritorno, quello dei francesi Heavenly che con il loro quarto album Virus sono chiamati a confermar le qualità espresse con l’ultimo Dust To Dust. Compito non semplice in quanto della formazione di quell’album sono rimasti solo il vocalist Ben Sotto e il chitarrista Charley Corbiaux; a causa di questo, con la nuova fatica in studio i nostri ci propongono un sound abbastanza diverso dal loro solito stile, come l’uso centellinato della doppia cassa, strumento largamente usato dal gruppo nelle uscite precedenti. I pezzi di conseguenza sono più cadenzati e, se da un lato possono risultare noiosi, dall’altro permettono di far risaltare maggiormente le linee melodiche delle canzoni. Un cambiamento che ha migliorato o peggiorato la musica degli Heavenly? Difficile dirlo, molti sono i punti da considerare, a dimostrazione del fatto che nella musica quando cambi, guadagni da una parte ma perdi dall’altra!
Ma andiamo con ordine: chiariamo subito che comunque il marchio Heavenly rimane ancora presente (essendo Ben Sotto la mente del gruppo) grazie soprattutto a chorus sempre azzeccati, accompagnati da cori che con potenza si alternano alla voce acuta e aggressiva del buon Ben. Ciò che invece risalta maggiormente è la snellitura dei pezzi, meno impesantiti da inutili campionamenti, che rende i pezzi decisamente più heavy metal e allo stesso tempo più orecchiabili, più immediati, facendo risultare particolarmente piacevole l’ascolto del platter. Grandi infatti sono i riff di chitarra e gli assoli seguiti da una sezione ritmica aggressiva ma mai eccessiva come poteva accadere in passato. Come conseguenza di queste scelte però si ha una perdita della “imponenza” sonora degli Heavenly, cosa che potrebbe deludere chi vive di orchestrazioni e cori altisonanti!
Già nei primi tre episodi si nota l’inclinazione più heavy di questo disco; tra queste citiamo la title track, canzone dal grande impatto sonoro grazie a un refrain irresistibile, a una sezione ritmica ben quadrata e, scusate se sono ripetitivo, a linee vocali azzeccate, che donano al chorus aggressività e la caratteristica di saper trasportar l’ascoltatore! Con The Power & Fury e Bravery In The Field (stupendo l’assolo di musica classica posto in apertura del brano) invece si ritorna sui lidi del power metal standard, scoprendosi come pezzi in vecchio stile Heavenly. In linea con la copertina decisamente “dark” è Wasted Time, pezzo sicuramente tra i migliori del lotto grazie a una struttura ricolma di stop and go che sorprendono e convincono e a soluzioni sonore dalle tinte oscure.
L’album procede su queste coordinate, passando dalla aggressiva Liberty, a When The Rain Begins To Fall, pezzo quest’ultimo caratterizzato da un motivo tastieristico dal sapore anni ’80 e da un ritornello in pieno stile Edguy, per finire con la evocativa ed epica The Prince Of The World.
Ammetto che ai primi ascolti sono rimasto perplesso e un po’ deluso di fronte a Virus; mi aspettavo un album più articolato, ricco di inserimenti sinfonici e invece mi sono ritrovato di fronte a un lavoro piuttosto lineare e che mette in risalto l’aspetto più tradizionale della band. Ma ascoltandolo con maggiore attenzione e dimenticando un po’ ciò che la band in passato ha proposto, posso affermare che si tratta di un platter genuino ed estremamente raffinato, capace di rimanere ancorato al metal classico e di donargli un tocco di freschezza in più. Il cambiamento intrapreso dagli Heavenly è risultato nel complesso positivo, dimostrando di esser una band duttile e capace di comporre musica di buona fattura senza il ricorso a chissà quali virtuosismi che il più delle volte, purtroppo, rimangono fini a se stessi.
Gradito ritorno, avanti così!
Roberto “Van Helsing” Gallerani
Tracklist:
1. The Dark Memories
2. Spill Blood On Fire
3. Virus
4. The Power And Fury
5. Wasted Time
6. Bravery In The Field
7. Liberty
8. When The Rain Begins To Fall
9. The Prince Of The World