Recensione: Viscera
“Viscera”, quarto lavoro in studio dei Demon Head, incorpora idealmente i concetti di fine e nuovo inizio. Fine, in quanto rappresenta la tappa conclusiva del graduale processo di trasformazione intrapreso con il secondo full lenght. Nuovo inizio, perché con questo album, originale, brillante e raffinato, i danesi hanno fatto il cosiddetto “salto di qualità”, che con ogni probabilità consentirà loro di veicolare il proprio “Diabolic Rock” (espressione scelta dal gruppo per definire il suo stile) a un pubblico più ampio, estendendo la propria fan base oltre i confini di quella scena underground entro cui si sono mossi fino ad ora.
I Demon Head si formano in Danimarca nel 2012 e dopo un paio di demo arrivano alla pubblicazione del debutto ‘Ride The Wilderness’ (2015), risultato di un’indovinata combinazione tra Doom e ‘70 Heavy Rock, nello stile degli svedesi Witchcraft o, per citare un riferimento più datato, degli americani Pentagram. Con il successivo ‘Thunder on the Fields’ (2017), che non si discosta sensibilmente dal suo predecessore, sono gettati i primi semi di un sound più sinistro che germoglieranno pienamente nelle produzioni a seguire.
In effetti già “Hellfire Ocean Void”, uscito nel 2019 per la finlandese Svart Records, è foriero di una proposta dalle nuance marcatamente gotiche e oscure. Grazie a questa release la band riesce a guadagnarsi il ruolo di opening act per formazioni di grande visibilità, come i Coven, e ad attirare l’attenzione di un pubblico più vasto e quella della label californiana Metal Blade Records, ben contenta di accogliere il quintetto nella propria scuderia e di dare alle stampe “Viscera”, uno degli album più attesi di questo inizio 2021.
Il disco segna il definitivo passaggio a sonorità che, sebbene ancora riconducibili al Doom, sono abbondantemente intrise di elementi Occult e Gothic Rock e atmosfere cerimoniali, veicolate da una produzione efficace, risultato dell’incontro tra la professionalità offerta da una major e l’etica underground e DIY che continua a caratterizzare la band. L’LP è stato registrato a inizio 2020 tra gli Sweet Silence Studios di Copenhagen e una casa della campagna svedese da Flemming Rasmussen (Metallica, Morbid Angel, Rainow) e mixato da Martin “Konie” Ehrencrona (In Solitude, Tribulation e Nifelheim).
In “Viscera” si ritrovano ancora pezzi come “Tooth and Nail” e “In Adamantine Chains” che, nonostante il timbro gotico delle linee vocali baritonali, si pongono in continuità con i primi lavori della formazione, per via dell’impostazione fondamentalmente Rock.
Nell’economia complessiva dell’album sono però gli episodi più oscuri e nebbiosi a prevalere come “The Feline Smile”, un brano dall’incedere lento – a tratti orchestrale – che evoca suggestioni spettrali in cui riecheggiano gli ultimi Tribulation e i compianti In Solitude, e “Magical Death”, un oscuro Doom Rock che fa del ben congeniato crescendo di intensità il suo punto di forza. Un organo da chiesa e arpeggi di chitarra aprono “Black Torches”, una marcia cerimoniale il cui cantato, intriso di sofferenza, raggiunge notevoli picchi di espressività. Su registri simili procede la conclusiva “The Triumphal Chariot of Antimony”, fino al gran finale in cui i toni teatrali della voce si dipanano su sezioni strumentali sinfoniche. Completano la tracklist 4 interludi: brevi episodi atmosferici sparsi qua e là che, lungi dall’essere dei meri riempitivi, hanno il compito di collegare le composizioni principali.
Grazie a un songwriting di ottimo livello e all’intelligente e ricercata integrazione di strumenti meno convenzionali in ambito Metal come quelli acustici e a fiato, il mellotron e l’organo da chiesa, i Demon Head hanno realizzato 10 ottime composizioni, dal sapore magico, che si dimostrano in grado di soddisfare le notevoli aspettative che convergevano su questo ultimo capitolo della loro discografia.