Recensione: Vivid
I Living Colour furono la prima formazione che seppe interrompere l’egemonia dei bianchi in generi quali l’hard rock e l’heavy metal, reinventandoli secondo una sensibilità ed un background culturale e musicale tipicamente afroamericani. Gli stilemi guitar-based del rock duro vennero arricchiti con spruzzate di funk, hip hop e black music in senso lato, consentendo al gruppo coloured di divenire autentico pioniere di un certo modo di intendere il crossover, lontano anni luce da quello sguaiato e approssimativo attualmente “in voga” e nel quale le varie influenze vengono amalgamate in composizioni equilibrate e di gran gusto melodico.
A metà anni ‘80 Vernon Reid, funambolico chitarrista inglese di nascita ma newyorkese d’adozione, reclutò tre musicisti afroamericani di grande talento per portare avanti il progetto di una hard rock band dall’anima “nera”, fondendo il proprio stile eterogeneo e sempre in bilico tra ritmi solari e sfuriate al limite dell’heavy metal, con il groove funky del basso di Muzz Skillings e con il percussionismo eclettico e variegato di Will Calhoun, batterista molto abile nel gestire con disinvoltura l’alternanza di ritmiche prettamente hard-oriented ed improvvisi cambi di rotta, elementi che vanno a costituire una base strumentale solida e di gran classe che trova perfetto contrappunto nell’ugola versatile ed espressiva di Corey Glover.
Ogni canzone è un vero e proprio caleidoscopio di colori ed emozioni, in cui le varie anime di ognuno dei musicisti concorrono a dare un risultato che stupisce ogni volta per un’eleganza ed inventiva, il tutto al servizio della melodia in un risultato che trova un termine di paragone – nonostante un sound ben più estremo e meno debitore al soul e al R‘n’B – forse nei soli Faith No More.
E’ in questo modo che prendono vita gioielli come l’opener “Cult Of Personality”, singolo “tormentone” incentrato su tematiche socio-politiche (una costante nei testi dei LC) che contribuì, assieme all’altra hit “Glamour Boys”, ad issare ‘Vivid’ fino alla posizione numero 6 di Billboard nel 1988. Un brano nel quale è possibile saggiare fin da subito le caratteristiche del sound dei Living Colour: riffing distorto e ipnotico, vocals taglienti, percussionismo vivace, basso ben presente e assoli vorticosi nei quali Reid intreccia con estrema disinvoltura spunti prog e repentine virate verso lidi più affini alla fusion.
“I Want To Know” si presenta con un tema portante molto più leggero, dominato da melodie solari e orecchiabili, sottolineate da cori molto curati che lasciano spazio, sul finire, ad un altro pregevole assolo di chitarra. La suddetta ricetta viene seguita in maniera piuttosto fedele anche nella successiva “Middle Man”, nella quale si fa notare in maniera più marcata il basso funkeggiante di Muzz Skillings.
“Desperate People” apre con una sorta di intro veloce e schizoide che lascia quasi immediatamente spazio ad un riffing pienamente hard rock, giocato su tempi cadenzati e assecondato, come al solito in maniera puntuale, dall’ottimo cantato di Corey Glover e dalle scorribande strumentali della coppia Reid – Skillings. Timidi accordi di chitarra introducono la seguente “Open Letter”, in un avvio sognante all’insegna di melodie zuccherine e gradevoli, con un successivo tuffo in ritmiche energiche e coinvolgenti sottolineate da un efficace giro di basso dal notevole groove; il lavoro sulle chitarre da parte di Vernon Reid è l’ennesima occasione per apprezzare la sua innata capacità di fondere con garbo e raffinatezza le molteplici, citate influenze.
Si toccano d nuovo territori affini al prog nell’attacco di “Funny Vibe”, una sorta di divertissment che stempera un incipit a tutta velocità in un ibrido hip hop/funky, dominato da un basso vibrante in primo piano su cui si innestano una manciata di versi “rappati” e una delle sfuriate più metal-oriented di tutto l’album. “Memories Can’t Wait” invece, si ricollega ai brani precedenti in quanto a struttura e contenuti, con l’aggiunta di un prezioso “stop & go” a tre quarti seguito da un finale distorto e psichedelico.
L’unico lento presente su ‘Vivid’ (o perlomeno l’unica composizione ad esso assimilabile, pur con le logiche distanze dalla classica ballata hard rock) è “Broken Hearts”, nella quale la bella voce di Glover si diletta in maniera pregevole con un tema etereo ed estatico sostenuto da basso, batteria e da cori a più voci, arrangiato con grande cura e con l’intrusione di fiati e tastiere: il risultato è una ballad leggiadra e molto piacevole in grado di non scadere mai nella banalità.
La citata “Glamour Boys” si barcamena tra ritmi “hawaiani” e un ritornello scherzoso ed ilare irrobustito da un sottofondo di chitarra elettrica, discorso stilistico questo, portato avanti anche con “What’s Your Favorite Color” nella quale il funky si miscela con la goliardia di un testo divertente ed auto-referenziale.
In coda troviamo la devastante “Which Way To America”, brano potente e sincopato con cui i Living Colour stordiscono definitivamente l’ascoltatore grazie ad una maestria ineguagliabile nel far confluire in un unico, ribollente, calderone il funk, il rap e le evoluzioni a metà tra il jazz e l’heavy metal di Vernon Reid, mentre le linee vocali si fanno per la prima volta più aggressive e la sezione ritmica lavora a pieno regime su percorsi ricercati e inusuali.
Alla luce di quanto detto sinora, il giudizio su quest’album non può dunque che essere estremamente positivo: un lavoro che ha dalla propria un grande successo di vendite, musicisti di grande classe ed una miscela sonora innovativa che tracciò la strada per numerosi gruppi che in futuro avrebbero imboccato la strada della contaminazione tra generi, seppur con risultati solo in rari casi rapportabili a quanto sfoderato dal quartetto newyorkese.
Line Up:
Corey Glover – Voce
Vernon Reid – Chitarra
Muzz Skillings – Basso
Will Calhoun – Batteria
Tracklist:
01 – Cult Of personality
02 – I Want To Know
03 – Middle Man
04 – Desperate People
05 – Open Letter (To A Landlord)
06 – Funny Vibe
07 – Memories Can’t Wait
08 – Broken Hearts
09 – Glamour Boys
10 – What’s Your Favorite Color?
11 – Which Way To America