Recensione: Vojager
Quello dei Rapallesi Stormwolf è un viaggio intrapreso dieci anni fa da due musicisti, il chitarrista Francesco Natale e la cantante Elena Ventura, con idee comuni. Con il trascorrere del tempo queste idee si sono evolute, ai due ragazzi si sono affiancati altri compagni di strada ed il progetto è stato trasformato in una vera band che nel 2018 è giunta ad incidere ‘Howling Wrath’, l’album di debutto.
Trascorsi sei anni, cambiati un paio di elementi (Irene Manca che ha sostituito Elena e Davide Scatassi al posto di Francesco Gaetani al basso), gli Stormwolf sono tornati in sala d’incisione per sfornare ‘Vojager’, secondo album disponibile dal 20 settembre 2024 via Nadir Music.
È un album ambizioso e rischioso, della durata di circa un’ora e venti minuti e diviso in due parti: la prima composta da 8 tracce inedite (come dicono ad X Factor …), la seconda da 6 cover di pezzi noti.
Andiamo al contrario e cominciamo dalle cover, la cui scelta mette in evidenza il carattere eclettico di questa band. Cinque di esse sono estrapolate dal periodo che va dal ’78 all’ 87 e sono canzoni storiche, o comunque molto conosciute, le cui versioni originali appartengono a band straordinarie come gli australiani Rose tattoo (‘The Butcher and Fast Eddie’), i giapponesi Loudness (‘Crazy Nights’), gli Iron Maiden (‘Two Minutes to Midnight’), gli Accept (‘Princess of the Dawn’) fino ai cervellotici Celtic Frost (‘I Won’t Dance (The Elder’s Orient)’). L’ultima traccia appartiene ad un’epoca più recente e ad un gruppo altrettanto importante: i nostri Anguish Force (‘Army of Poseidon’ del 2014).
Per cui uno spaziare a largo raggio, una precisazione delle ispirazioni della band che vanno dal grezzo Hard Rock al Power dal gran tiro, passando per l’Heavy Metal classico ed anche per qualcosa di più estremo e malvagio.
Tutte esecuzioni impeccabili, che si ascoltano volentieri e che sono esempio di quello che si ascolta, praticamente tutto mescolato, negli inediti di ‘Vojager’.
Di fatto, ‘Vojager’ è questo: musica d’altri tempi in alcuni momenti attualizzata, composta unendo tra loro vari generi senza soluzione di continuità e sbattendosene delle convenzioni (mettendo così in crisi noi metallari che abbiamo la mania della catalogazione), dando vita sia a brani dalle linee progressive (come ‘Lepanto, 7th October 1571’ e ‘Dark Shadow’) sia a canzoni più dirette ed accessibili (come ‘Horizons’ e ‘Fade Into You’).
In altre parole è un “viaggio” che si ramifica per tanti sentieri, non possiamo dire inesplorati, perché quello che fanno gli Stormwolf è stretto a doppio nodo con quanto già fatto da altri in passato, ma comunque tortuosi e densi di fascino.
Per fare qualche esempio, la già citata ‘Lepanto, 7th October 1951’, con il suo power epico e narrativo, la sequenza ritmica alla Running Wild, lo scambio di assoli alla Smith – Murray e l’irrobustimento finale riesce ad infondere le sensazioni che devono aver provato i soldati prima della battaglia e, soprattutto, durante il sanguinoso scontro.
La successiva ‘Fast Lane’ cambia completamente registro, muovendosi tra i Dokken ed i Van Halen più orecchiabili e con un riff introduttivo molto AC/DC che spiazza.
‘Dark Shadows’ muta di nuovo scenario: lunghe sezioni soliste di chitarra e batteria (diciamo che la paura della performance di sole percussioni da 20 minuti un po’ c’è stata), sonorità fusion e allucinogene, modernizzata da contro-voci ringhiose in sottofondo, rendono tutto fumoso e quasi impalpabile.
Al contrario, ‘Fury’ smaltisce la nebbia con il suo tiro Speed e d’assalto.
E c’è pure la semi-ballads: ‘Horizons’, affascinante ed appartenente ad un’altra epoca.
Insomma, un album completo, molto maturo nel songwriting e studiato nei dettagli per gli arrangiamenti, con una particolare attenzione nel rendere fluidi i vari cambi di tempo e nell’armonizzare tante sonorità diverse.
Musicisti tutti preparati, ma particolare menzione per le parti soliste, con buoni scambi ed anche qualche “svisa” vecchia maniera che ci sta, e per la voce di Irene, coinvolgente, espressiva, di buona estensione, melodica quanto grintosa … a dirla tutta con l’attitudine a smorzare le parti più cattive (come si percepisce, soprattutto, nelle cover di ‘Two Minutes To Midnight’ e ‘Princess of the Dawn’) ma vabbè … non si può avere tutto (perlomeno non ancora).
Che altro dire … che andremo ad ascoltare dal vivo gli Stormwolf il prima possibile! Le emozioni non mancheranno.