Recensione: Volume Six

Di Andrea Bacigalupo - 15 Febbraio 2025 - 17:01
Volume Six
Band: Sacrifice
Etichetta: High Roller Records
Genere: Thrash 
Anno: 2025
Nazione:
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70

È molto feroce ed esplosivo questo ‘Volume Six’, sesto album dei Canadesi Sacrifice, disponibile dal 24 gennaio 2025 via High Roller Records.

La band, nata nel lontano 1983, appartiene, insieme a Voivod e Razor, al primo nucleo della Old School Thrash del paese della foglia d’acero (ai quali si sono presto aggiunti Slaughter, Annihilator, Piledriver, Aggression, ecc.) e possono dirsi diretti discendenti dei pionieri dello Speed Metal Anvil ed Exciter.

Il primo periodo della loro storia, durato quasi dieci anni, è stato abbastanza prolifico, con quattro album pubblicati e, situazione abbastanza anomala, un solo cambio di lineup (l’ingresso, nel quarto full-length ‘Apocalypse Inside’ del 1993, del batterista Michael Rosenthal al posto di Gus Pynn).

Poi un lunghissimo stop fino alla reunion del 2006, con nuovamente Gus Pynn in formazione, che ha portato al platter ‘The Ones I Condemn’ nel 2009 e, successivamente, ad una lunga serie di singoli e live album, giusto per confermare la loro presenza. Questo fino al 2025 che vede, come già scritto, l’uscita di ‘Volume Six’, sempre con tutti i musicisti degli esordi … accidenti, coesi poco meno dei Beatles.

Ora come allora il loro è un Thrash che sta tra gli Slayer ed i Kreator, modello base senza optional, sparato per direttissima, privo di mezzi termini.

In questo ‘Volume Six’ privilegiano sempre la velocità smodata tirata a tutto braccio, ma non disdegnano inserire qua e là pezzi più rallentati, sviluppanti pure un’inquietante atmosfera psichedelica anni ’70 che ci sta proprio bene, a volte essenzialmente una sfumatura (‘Underneath Millenia’), in altri casi ben più marcata (‘Black Hashis’, che pure nel titolo …).

Diciamo che i pezzi “lenti”, effettivamente di buona qualità, staccano un po’ dall’efferata velocità degli altri, limandone così la non troppa varietà. Comunque il risultato c’è, anche a fronte di una voce sì ruvida ed aggressiva, ma che canta quasi tutto nello stesso modo (che poco ha a che fare, giustamente, con la voce acerba ma demoniaca dei primi lavori). È invece parecchio dirompente la sezione ritmica, con una batteria protagonista, rocambolesca e terremotante e delle mordenti linee di basso che anneriscono l’aria.

Il taglio delle chitarre ha il suo perché, con bei riff e cascate di note infernali e di assoli coinvolgenti ce n’è fin che se ne vuole. Pezzi più ficcanti ‘Missile’, ‘Explode’ e la conclusiva ‘Trapped in a Word’, cover dell’Hardcore Band Direct Action, che vede la partecipazione di Bryan Taylor, cantante punk e produttore dei primi tre album dei Sacrifice e di ‘Violent Restitution’ dei Razor, oltre a tanti altri.

Un album più che discreto, concludiamo, con qualche bel pezzo che esce dalle righe, prodotto con suoni puliti ma non troppo e senza eccessi di stratificazioni. Non ci sono novità, ma a queste band di prima generazione, profondamente radicate nella storia che hanno contribuito ad iniziare, possiamo anche non chiederne. Sono passati 41 anni dalla nascita dei Sacrifice, non sappiamo se ci sarà un altro album, ma ‘Volume Six’ è anche l’occasione per rispolverare i loro vecchi lavori per confrontare i due periodi storici e scoprire che, a parte le barbe che hanno preso il posto dei capelli, ben poco è cambiato.

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