Recensione: Waiting For The End To Come

Di Daniele D'Adamo - 25 Ottobre 2013 - 0:01
Waiting For The End To Come
Band: Kataklysm
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2013
Nazione:
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82

 

… e così continua, l’epopea dei canadesi Kataklysm capitanati dall’oriundo Maurizio Iacono. Prosegue con “Waiting For The End To Come”, ennesimo capitolo di una fittissima produzione discografia che, dal 1991, ha regalato agli appassionati di death metal parecchi lavori di grandissimo livello, comprendente ben undici full-length e tante altre realizzazioni di vario taglio e genere.
 
Iacono e i suoi compagni, invariati dal precedente “Heaven’s Venom” (2010), non hanno certamente avuto vita facile per guadagnarsi la loro fetta di notorietà in un Mondo così avulso dal mainstream come quello del metal estremo. I Kataklysm rappresentano, infatti, un emblema moderno del death anzi del metal in generale la cui importanza a livello internazionale, però, è uno status cui essi sono giunti dopo una carriera lunga, dura e difficile. Una carriera fatta di alti e bassi che, tuttavia, ha inciso profondamente sulla loro musica; la cui componente peculiare è raffigurata, non a caso, da quella virilità che consente di sopravvivere agli eventi solamente ai più forti, ai più coraggiosi, ai più determinati.      

Una potenza dirompente, insomma, che non è mai mancata in tutti i lavori del quartetto nordamericano e che non manca nemmeno in “Waiting For The End To Come”, anzi devastante come pochi. Un sound maestoso ne tesse le trame, non particolarmente complicate come da tradizione Kataklysm ma sempre ordinate e discernibili, anche quando la vigorosa spinta dei blast-beats di Oli Beaudoin spinge la band a bucare il confine dell’ipnosi trance da hyperspeed. Assieme al bombardamento operato dalle spesse corde del basso di Stéphane Barbe, la sezione ritmica mostra tutta la sua prepotenza scaricando a terra, con una continuità impressionante, i cavalli necessari per lanciare il vettore Kataklysm oltre la sfera del suono. Una motricità sovrumana che deriva in primis dalla coesione fra i due musicisti anzidetti, poi dalla perfezione della produzione e quindi dall’assenza di ammennicoli e orpelli ritmici vari che, altrimenti, farebbero dispedere in calore il tremendo attrito generato dal roteare degli strumenti.    

Ovviamente, a erigere tale muraglione di suono contribuiscono fattivamente sia lo stesso Iacono sia l’axeman Jean-François Dagenais. Il primo sciorinando una prestazione di grande impatto, impetuosa, aggressiva ma mai fuori dalle righe. Il suo growling stentoreo, rabbioso e mortale, spesso e volentieri si mischia a un inhale quasi folle, vicino più al deathcore che al brutal, regalando al sound nel suo insieme quel tocco di modernità necessario per non rimanere impantanati nel solito brodo. Dagenais, dal canto suo, si dimostra ancora una volta un chitarrista completo, in grado di macinare giganteschi e massicci riff presi in prestito dalla compressione del thrash, di abbellire l’insieme con fini armonie e, ultimo ma non ultimo, di lacerare l’aria con soli di pregevole fattura.     

Un potenziale devastante, che si scatena già subito nell’opener “Fire”. Dopo un breve incipit strumentale l’aggressione è totale, soprattutto nelle furibonde linee vocali di Iacono, quasi completamente ‘deathcorizzate’ à la Marcus Bischoff, frontman degli Heaven Shall Burn. I blast-beats di Beaudoin si susseguono a ondate, rallentando solo in occasione del ripetuto, roco urlo del vocalist «fire! … fire! … fire!». Presente, come da tradizione, la melodia. Forse essa non è un ingrediente primario della violentissima miscela elaborata dai Kataklysm, anche se emerge con accattivante prepotenza in occasione di alcuni passaggi presenti in brani come “The Promise”, le stupende “Under Lawless Skies” e “The Darkest Days Of Slumber” e, soprattutto, “Elevate”, miglior modo con cui il combo di Montreal potesse chiudere il disco. Nell’assoluta costanza della proposizione di uno stile timbrato a fuoco sulle carni dei Nostri, la varietà delle canzoni è un pregio che non manca, in “Waiting For The End To Come”. Il terrificante mid-tempo di “Like Animals”, difatti, stacca letteralmente la testa dal collo; come peraltro “Empire Of Dirt” che, da vero e proprio treno in corsa, in occasione dei break ‘rallentati’ pare raccogliere al meglio la scabrezza del thrash.      

Senza sbagliare mira, Iocono e i suoi compagni, in “Waiting For The End To Come”, fanno ciò che sanno meglio fare: i Kataklysm. Incredibile aggressività, classe cristallina, stile consolidato e unico, superba musicalità e, non ultimo, ottime canzoni. Un pacchetto che, dopo ventidue anni carriera costellata da sì tanta discografia, non è per niente facile confezionarsi con colori così brillanti e altrettanto ben integrato nelle sonorità della seconda decade del terzo millennio.  

Daniele “dani66” D’Adamo
 

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