Recensione: Wake The Nations

Di Mauro Gelsomini - 24 Luglio 2003 - 0:00
Wake The Nations
Etichetta:
Genere:
Anno: 2003
Nazione:
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82

Qualcuno forse conoscerà Ken Tamplin per la sua militanza, fin dal 1982, nei Joshua, quintetto gospel americano cui molto erano gradite le pesantezze sonore del Christian Metal. Il suo debut da solista risale al 1990, con “An Axe To Grind”, predecessore del suo vero “botto” artistico, alias “Soul Survivor”, che arrivò l’anno dopo.
Oggi Ken Tamplin è un vocalist e producer affermato, e può permettersi di tirar fuori un album della portata di questo “Wake The Nations”, circondandosi di una serie strabiliante di ospiti: lo affiancano infatti chitarristi del calibro di Marty Friedman (Megadeth), Doug Aldridge (Whitesnake/Dio), Reb Beach (Winger/Whitesnake/Dokken), Kee Marcello (Europe), Richie Kotzen (Mr. Big and Poison), Jeff Watson (Night Ranger), Mattias “IA” Eklundh (Freak Kitchen), Pete Lesperance (Harem Scarem), Scott Van Zen (LA Guitar Wars Winner), Howie Simon (Jeff Scott Soto) e Stevie Salas (Terrance Trent D’Arby). Stella fra le stelle, la voce di Jeff Scott Soto, cosicché è giustificata la scelta del monicker “Ken Tamplin and Friends”.
A partire da queste premesse non si può che immaginare quale sia il genere predominante di questo platter… Siamo di fronte ad una sfrontata esibizione del più pomposo hard rock/AOR, con le dovute divagazioni sul tema, rappresentate ora dalle reminiscenze blues/gospel – con tanto di Hammond per gradire – di una “God In Haven”, ora dal southern rock di “Peace On Earth”, ora il prog-rock di “Waiting For Your Love”.
Ovviamente i “cliché” del genere ci sono tutti, portati all’ennesima potenza: melodie accattivanti, cori anthemici (impossibile non cantare a squarciagola il refrain della titletrack), liriche “celestiali” nella miglior tradizione white metal, ritmiche martellanti ed immancabili – visto il cast – guitar solo, il tutto condito con la classe e il gusto tipici degli artisti operanti nel genere.
La performance di Ken alla voce è quanto di più emozionante e intestino si possa chiedere ad un rocker: la sua timbrica, che potrei definire una “versione” meno intima e più alta di Gary Hughes, non dà scampo e interpreta alla perfezione i diciotto brani regalando innumerevoli mood che scuotono, sollevano, precipitano i padiglioni auricolari…
Avvincente anche il modo con cui molti soli sono stati concepiti: definita la base ritmico/melodica dal funambolico bassista Daniel Pearson, Tamplin duetta con i suoi “Friends” nelle maniere più disparate; soli eseguiti all’unisono un canale a testa, o spezzati ed eseguiti prima da uno poi dall’altro, o ancora come fulminanti botta e risposta…
Ovviamente non si tratta di sfoggio tecnico, ma semplicemente di puro gaudio sonoro e divertimento, elementi decisivi per la riuscita di un prodotto come “Wake The Nations”, peraltro confermati dai video presenti sul secondo CD, ovvero i due videoclip di due song del platter (la opener “The Story Of Love” e “Falling Houses”) e un video backstage tutto da gustare…
Se proprio devo trovare la pecca del disco, direi che non posso fare a meno di notare il suono finto della drum machine, che supplirà pure con una certa facilità ad uno strumento non vitale in un genere come l’AOR, ma per me un po’ sminuisce quell’attitudine tutto sudore ed energia tipica del rock.

Tracklist:

CD 1:

1.  The Story Of Love
2.  We’ve Jihad Enough
3.  Falling Houses
4.  The Man With A Plan
5.  Hare Kristians
6.  Wake The Nations
7.  God In Heaven
8.  Peace On Earth
9.  Mystery
10. Cell Phone Freaks
11. Livin’ Large
12. 7 Eleven People
13. Saints And Heros
14. Waiting For Your Love
15. Every Day Is Precious
16. Come Together
17. Sing
18. Freedom

CD 2:

1. The Story Of Love (Video)
2. Falling Houses (Video)
3. Backstage and other paraphernalia (Video)

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