Recensione: Wake Up Call
“Wake Up Call” è il secondo disco dei francesi Kingcrown, uno dei nomi nuovi del panorama power metal internazionale, a una prima occhiata, almeno. Sì, perché basta dare uno sguardo alla line-up per accorgersi che i Kingcrown tanto nuovi non sono. La band d’oltralpe, infatti, è la neonata formazione dei fratelli Amore, due musicisti che possono essere considerati delle autentiche leggende del metallo francese, quello di matrice più classica e melodica. I due brother of steel, infatti, fino al 2014 sono stati le colonne portanti dei Nightmare e dopo aver lasciato la band di Grenoble hanno prima fondato gli Oblivion, realizzando un album, per poi cambiare moniker in Kingcrown. La storia ora è recente e quindi eccoci qui, pronti a parlare di “Wake Up Call”.
L’album esce per l’attivissima label greca Rock of Angels Records e rappresenta un piatto succulento per tutti gli amanti del power metal, quello dei primi anni Duemila. In quegli anni gloriosi il genere aveva una sua identità chiara e marcata, in cui le chitarre ricoprivano un ruolo fondamentale, la sessione ritmica era martellante e incalzante e le linee vocali sapevano emozionare. Un power metal un po’ diverso dalla reincarnazione e rivisitazione che il genere ha subito negli ultimi anni, a opera di nuove band, nuovi musicisti e nuove visioni che si sono affacciate nel mondo della musica dura. Il power attuale risulta più ammiccante e meno concreto, più attento a seguire le tendenze del momento, che a valorizzare i contenuti. Nostalgico? Forse, ma tant’è.
Entrando nel dettaglio di “Wake Up Call”, possiamo dire che il punto di forza dell’album – e dei Kingcrown – è senza ombra di dubbio la voce di Joe Amore. Il cantante francese meriterebbe maggiore considerazione di quanta ne ha fin qui ricevuta, visto che è dotato di una voce calda, espressiva, trascinante, capace di emozionare l’ascoltatore. Il suo timbro riporta alla mente figure leggendarie come Ronnie James Dio, Jorn Lande e Nils Patrik Johansson. E non a caso citiamo Nils Patrik Johansson: il termine di paragone dei Kingcrown possono risultare proprio gli Astral Doors. Come la compagine svedese, infatti, i Kingcrown uniscono soluzioni power a elementi tipici di un certo heavy metal degli anni Ottanta, quello che fa riferimento al compianto Ronnie James Dio. “Wake Up Call”, in questo modo, si dimostra un album vario, capace di trasmettere adrenalina a fiumi, valorizzato da una produzione curata e al passo con i tempi. Un lavoro che può contare su un guitarwork ricercato e mai scontato. La sezione ritmica, poi, poggia sull’ottima prestazione di David Amore alle pelli, che riesce a valorizzare l’operato delle sei corde e a donare la necessaria dinamica all’album. Su questo tappeto sonoro, come segnalato qualche riga sopra, spicca la prova di Joe Amore al microfono. Il cantante si dimostra graffiante e teatrale nelle strofe, per poi lasciare libero sfogo alla melodia nei ritornelli, sempre ben costruiti, accattivanti e memorizzabili, come richiesto dal genere.
Molto interessante anche il tema che sta alla base del concept trattato in “Wake Up Call”, che risulta attualissimo, mai come ora. I Kingcrown, in questo secondo lavoro, ci parlano di un mondo basato sul caos, in cui l’umanità risveglia la propria coscienza. Da qui prende forma un mondo nuovo, che poggia sull’equilibrio e sull’unità. Descrivendoci questo risveglio, inoltre, i Kingcrown evidenziano le battaglie che dobbiamo compiere quotidianamente per superare i paradigmi che ci imprigionano nei confini attuali, che ci impediscono di evolvere e migliorare. Battaglie che ci permettono uscire dalla gabbia in cui abbiamo deciso di rinchiuderci.
“Wake Up Call” si rivela quindi un disco riuscito, convincente, indicato a tutti coloro che hanno vissuto la scena power di fine anni Novanta e inizio Duemila. Un album che non inventerà nulla di nuovo, ma che saprà regalare tonnellate di adrenalina, come solo i grandi dischi sanno fare. E poco importa se nelle battute conclusive “Wake Up Call” perde per strada un pizzico di intensità: la qualità, la carica e l’energia che i Kingcrown hanno saputo infondere al disco, ci regalano un lavoro “vivo”, capace di coinvolgere l’ascoltatore, dall’inizio alla fine. E a dirla tutta, un pezzo come ‘Lost Foreigner’ vale l’acquisto del disco. “Wake Up Call”, insomma, è un album da prendere a scatola chiusa, non ne rimarrete delusi.
Marco Donè