Recensione: Wake Up To The Real World
Risolti i gravi problemi di salute occorsi a Ken Hammer, chitarrista storico del gruppo (crisi cardiaca e successiva riabilitazione), e le difficoltà conseguenti all’abbandono del batterista Michael Fast, rimpiazzato con Allan Tschicaja (ex Royal Hunt), i Pretty Maids, uno dei nomi maggiormente sottovalutati del panorama hard rock da più di venti anni a questa parte, ritornano finalmente sul mercato con un cd nuovo di zecca ispirato alla propria limpida tradizione, rimettendo in pista l’energia e l’impareggiabile gusto melodico che, insieme all’inconfondibile e graffiante voce di Ronnie Atkins, sono da sempre i marchi di fabbrica imprescindibili della band danese.
Pochi altri al mondo sono stati in grado di creare uno stile personale così brillantemente mediato tra forza virile ed irruenza sonora, frammisti a sprazzi melodici di classe infinita e straordinaria orecchiabilità, dando origine nel corso degli anni, ad autentiche pietre miliari del genere come “Jump The Gun”, “Future World”, “Scream” e “Spooked”, senza dimenticare il precedente bellissimo “Planet Panic” e non tralasciando tutto il resto della discografia di una band esemplare ed onesta che, a memoria umana, non ha praticamente mai commesso un passo falso rilasciando un platter insipido o scarsamente ispirato.
Insomma, una nuova uscita delle “fanciulle graziose” è un evento di rilievo che, senza eccezione, porta con sé grandi dosi di ottimi motivi e vigorosa esuberanza, all’insegna della coerenza e di uno stile musicale che non muta le coordinate su cui vive e si nutre, mantenendosi con fierezza fedele a se stesso.
“Wake Up To The Real World” prosegue senza incertezze su questa strada molto ben definita e, pur non andando a doppiare l’eccellenza dei grandissimi capitoli editi in passato, si rivela esserne un degnissimo erede, capace, come da consuetudine, di divertire e coinvolgere, appassionare ed invogliare a reiterati ascolti.
Melodie ariose e sfavillanti, come in “As Guilty As You Are”, “Such A Rush” e “All In The Name Of Love” (debitrice in alcune parti di chitarra nei confronti dei Maiden), ballate di grande impatto e romanticismo, “Where True Beauty Lies” e “Another Shot Of Your Love” ed irrefrenabili tizzoni di incandescente gagliardia identificabili in “Why Die For A Lie”, “Brave Young Breed” e la mazzuolante “Terminal Violence”, sono le rocciose fondamenta su cui il quartetto nordeuropeo edifica ancora una volta un capitolo convincente della propria storia, suggellato, come proverbiale ciliegina sulla torta, dalla brillante cover di “Perfect Stranger”, celebre brano dei leggendari Deep Purple.
Un meccanismo rodato e tutt’ora ben funzionante che grazie al binomio melodia / potenza sforna un hard rock sempre di ottima fattura e gradevolissimo, mai troppo difficile o macchinoso e soprattutto in possesso di quell’alone di incontaminato amore per il proprio mestiere che è patrimonio esclusivo degli artisti più sinceri e genuini.
I Pretty Maids fanno quello che sanno fare meglio, senza complicazioni, ed i risultati sono nuovamente di assoluto rispetto.
Un grande ritorno, una solida base grazie alla quale gettare uno sguardo ottimista al futuro che certamente riserverà ancora numerose soddisfazioni a questa splendida band nordica ed ai tanti appassionati della loro musica; “Wake Up To The Real World” è un segnale chiaro e tangibile dell’immutato valore di Ronnie Atkins e soci e ci riconsegna in buonissime condizioni una realtà di cui francamente si iniziava a percepire la mancanza.
Bentornati!
Tracklist:
01. Wake Up To The Real World
02. All In The Name Of Love
03. I Am The End
04. As Guilty As You Are
05. Why Die For A Lie
06. Such A Rush
07. Where True Beauty Lies
08. Brave New Breed
09. Terminal Violence
10. Perfect Strangers
11. Another Shot Of Your Love
Line Up:
Ronnie Atkins – Voce
Ken Hammer – Chitarra
Ken Jackson – Basso
Allan Tsichaja – Batteria