Recensione: On the Road to Babylon

Di Luca Montini - 11 Dicembre 2020 - 1:09
On the Road to Babylon
80

Camminando nelle tenebre, sulla via di Babilonia. Walk in Darkness. Una band ammantata di mistero, i cui membri celano la propria identità per non contaminare la purezza della proposta musicale, principalmente realizzata dal mastermind e songwriter Shaman. Unica eccezione in questo teatro delle identità celate, la frontwoman Nicoletta Rosellini (Kalidia, Vivaldi Metal Project), figura di spicco tra le “nuove leve” del metal tricolore, cresciuta enormemente negli ultimi anni anche grazie all’esperienza maturata sul palco. “On the Road to Babylon” è il terzo album della band, attiva dal 2015, che segue “In the Shadows of Things” (2017) e “Welcome to the New World” (2018). Su un impianto principalmente gothic metal tra la voce clean di Nicoletta e il growl di Shaman, gli Walk in Darkness riescono ad ibridare in maniera originale influenze di vario genere, dal doom al symphonic, rifuggendo agilmente facili etichettature. Un progetto underground molto interessante che è sintesi di una filosofia, alla costante ricerca di una nuova chiave interpretativa della realtà. Autoprodotti e digitali “per scelta”, capaci di raccogliere consensi anche grazie ad una buona politica di produzione video che su Youtube ha portato ai ragazzi diversi milioni di visualizzazioni.


It’s not easy to find a way…

Il mondo sta cambiando. L’uomo sta cambiando. Ad immagine e somiglianza di un Dio artificiale costruito dall’ego di milioni di piccoli creatori, siamo giunti all’inevitabile costruzione di una nuova Babilonia. La “grande prostituta” dell’Apocalisse di Giovanni, metafora dell’avidità dell’uomo divorato dalla sua stessa corruzione e cupidigia. Gli Walk in Darkness affrontano temi complessi con un approccio convincente che valorizza al contempo la forma e la sostanza della proposta. Nell’esposizione allegorica di tematiche mai banali, le linee vocali si stagliano su arrangiamenti semplici e diretti. Tra sintetizzatori, chitarre pulite, arpeggi acustici e riff metallici immediati e taglienti in una continua variazione di tensione la band conduce l’ascoltatore in un piacevole torpore, riuscendo in tutti i cambi di intensità a mantenere con costanza la giusta tensione emotiva. Ottima la prova al microfono di Nicoletta Rosellini, con la sua voce versatile sia sulle note più gravi che nelle parti più alte che restituisce un senso di pacatezza e controllo sui panorami entropici costruiti dai compagni senza volto.
In “On the Road to Babylon” l’ascoltatore è accompagnato in un continuo peregrinare tra momenti cupi e malinconici tipici del doom e soluzioni più ariose e positive, così un brano incalzante come nell’opener “The Sound of Rain” il riff si arresta per cedere il passo alla strofa più mite e riflessiva. Molto buona la produzione, capace di valorizzare gli arrangiamenti che si adagiano su più livelli, mentre il songwriting riesce ad evitare con destrezza i cliché del genere.
Tra i temi trattati, sempre in maniera molto ricercata, anche l’attualità del covid citato in apertura di “Walk in the Sky”, che vira immediatamente verso un argomento ricorrente nel disco, la fuga verso il cielo da un mondo che stiamo rapidamente distruggendo.
Buona anche la titletrack “On the Road to Babylon”, valorizzata nel videoclip come di consueto per la band da una performance di danza a rimarcare la trasversalità della proposta artistica, tra la sensualità dei corpi e la potenza delle emozioni in movimento.

Tra i brani più significativi dell’album anche la nichilista “Nothing” e l’anthemica “Time to Rise”, mentre in chiusura troviamo “Critical System Fail”, un lento con la giusta atmosfera ed un’abbondante dose di elettronica che raggiunge l’epilogo in un crescendo di intensità.

On the Road to Babylon” è un disco originale e maturo che riesce ad uscire dagli schemi dei generi di provenienza, dal gothic al doom al metal melodico, un’esperienza di occulta palingenesi che ci racconta di un mondo alla deriva. Il nostro.

Luca “Montsteen” Montini

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