Recensione: Wall of Skulls
Tempo di ritorni sulle scene per i Brainstorm, che con questo “Wall of Skulls” pongono il tredicesimo sigillo sulla loro discografia e donano un successore a “Midnight Ghost”, di tre anni fa. Alfiere del più classico power metal di matrice teutonica, il belligerante quintetto di Heidenheim si è sempre mantenuto fedele ai dettami di un certo tipo di metallo, portandolo avanti con fierezza e consapevolezza nei propri mezzi. Ritmi quadrati, una produzione possente, chitarre croccanti e una ricerca costante di melodie maschie e nerborute – senza però scadere nella faciloneria cafona e strappa consensi a tutti i costi – sono di casa presso i Brainstorm, che come sempre coronano il tutto con un’attitudine molto heavy e, soprattutto, con la voce di Andy B. Franck, capace di coniugare egregiamente melodia e fomento a seconda delle necessità. Rispetto al suo immediato predecessore, le canzoni di “Wall of Skulls” si fanno leggermente più corte (l’unica che sfora i cinque minuti è la bonus track), compatte e lineari, sufficientemente asciutte da far presa fin da subito. Il rovescio della medaglia è che difficilmente troverete la classica canzone che vi si ficca in testa per non uscirne più, ma se non altro durante i cinquanta minuti di questo “Wall of Skulls” non ci si fa caso.
Espletata con “Chamber Thirteen” la formalità intro si comincia a far sul serio con “Where Ravens Fly”, classica opener tutto pepe in cui i nostri mettono in mostra riff arroganti e fare propositivo figlio di certo heavy rock sotto steroidi. La carica propulsiva che si percepisce durante il pezzo esplode nel ritornello trionfalissimo, mentre nella seconda parte si rallenta mantenendo però la possanza trionfale che ritroviamo anche nella successiva “Solitude”. I ritmi scanditi del pezzo ne caricano l’incedere rockeggiante con profumi più maestosi, rendendo la traccia un perfetto inno da cantare dal vivo, possente e caciarone il giusto. Un’apertura tesa ed agguerrita introduce “Escape the Silence”, brano veloce in cui compare il primo ospite del disco: Peavy Wagner dei Rage. Il brano si distende su tempi rapidi, intervallando con abilità e un certo mestiere bellicosità ed enfasi e lasciando poco spazio alle distrazioni. Si torna alla cafonaggine heavy rock con “Turn off the Light”, in cui compare Seeb Levermann degli Orden Ogan: nonostante qui si ecceda a mio avviso con il trionfalismo, la traccia riesce ad infilare un paio di ispessimenti piuttosto grossi nei punti giusti, aumentando così il proprio peso specifico. Si arriva ora a “Glory Disappears”, power ballatona tutta cuore e cori che riesce a smarcarsi dall’eccesso di pathos un attimo prima di diventare troppo tronfia, anche grazie a un bell’assolo che ne apre la seconda metà. “My Distopia” suona la carica alzando il ritmo fin da subito: il pezzo procede teso e dritto come una canna di fucile, dispensando in pari misura enfasi ed intensità e confezionando uno degli episodi più immediati, semplici e accattivanti del lotto. “End of My Innocence” torna a ritmi più blandi, avanzando inquieto durante la strofa per poi lasciarsi andare durante il ritornello, anche se qui a mio avviso si indulge troppo in un certo mood malinconico che ne abbassa la caratura. Si torna a dispensar mazzate con la più dura “Stigmatized (Shadows Fall)”, altro pezzo teso che mescola cattiveria e pathos che però, seppur non privo di momenti appetitosi come la sezione strumentale centrale, mi convinto solo fino a un certo punto. La successiva “Holding On” torna a rallentare, puntando tutto su melodie accattivanti e cori a mio avviso non sempre riusciti che la rendono un pezzo quasi radiofonico, isolandolo dal resto dell’album e lasciandolo in un limbo che forse non merita. Si torna agguerriti con “I, the Deceiver”, traccia conclusiva che su una base ritmica scandita e riff sfacciati ricama melodie nuovamente di matrice Brainstorm aggiungendovi, qua e là, un retrogusto più stradaiolo. Nell’edizione limitata è presente anche una traccia bonus, “Cold Embrace”, in cui i Brainstorm riuniscono tutti gli elementi tipici della loro ricetta sotto l’insegna di un trionfalismo che trova compimento in un ritornello eroico che, però, mi è sembrato un po’ troppo ruffiano per convincermi del tutto, andando ad inficiare quanto di buono fatto con le parti più tirate del pezzo, decisamente più di mio gradimento.
Ho sempre ritenuto i Brainstorm un gruppo solido ed affidabile, capace di portarsi a casa la proverbiale pagnotta anche al netto di album non particolarmente ispirati o brillanti che, però, risaltano sopra la media quel tanto che basta per restare nella mente del pubblico. Neanche a farlo apposta, anche in questo caso i nostri baldi tedesconi confezionano un prodotto che, pur senza aggiungere nulla (o quasi) a una formula ormai ben codificata, coniuga molto bene le varie anime del combo: anche se non particolarmente originale, “Wall of Skulls” è comunque un prodotto appagante e gustoso, e sono sicuro che farà la felicità dei fan del quintetto e, più in generale, di quelli del power metal tedesco.