Recensione: Wanted Man
Disco solista per James Robledo, talentuoso cantante cileno, magari non ancora molto conosciuto alle nostre latitudini ma di buona notorietà in patria. Figlio d’arte – proviene da una famiglia di musicisti con una certa fama – si diletta fin da giovane con varie band e collaborazioni in ambito metal e rock fino a partecipare nel 2016 a The Voice Of Chile 2, un programma televisivo cileno dove Robledo è riuscito a raccogliere molti pareri favorevoli.
In tempi recenti troviamo James nelle vesti di vocalist dei Sinner’s Blood con i quali pubblica nel 2020 l’esordio discografico “The Mirror Star“, uscito sotto la guida di Frontiers. Ora, ad un anno di distanza sempre per Frontiers, Robledo trova il tempo per lanciare sul mercato anche il suo primo disco solista “Wanted Man“.
Per la sua realizzazione il singer sudamericano si è avvalso della collaborazione di Andrè Hilgers (Rage, Silent Force, Bonefire) alla batteria e del chitarrista Francesco Marras, neo acquisto della leggendaria band inglese (che forse potremmo anche osare definire un po’ Anglo-italiana, ormai) Tygers Of Pan Tang.
A completare il cerchio infine, l’onnipresente Alessandro Del Vecchio, ad occuparsi delle parti di basso, tastiere oltre che della produzione ed al consueto contributo nella composizione dei brani.
Con questo tridente d’attacco a disposizione il cantante delle Ande ci propone un hard rock-metal con non pochi riferimenti al power. Insomma, una miscela intrigante come si può constatare già dell’opening track “Heart’s The Only Enemy” dove Robledo fa sin da subito la parte del leone con il suo vocione ruvido e potente. Bene anche la successiva “Wanted Man” con un riff di chitarra tagliente dal sapore hard rock che a metà canzone cede il passo ad una sfuriata al limite del thrash metal di una ventina di secondi prima di un bell’assolo di chitarra di Marras. Tastiere dal suono gelido poi ci introducono all’hard-metal di “Quicksand“; “Dream Deceive” invece inizia tranquilla, quasi a sembrare una ballad, ma dopo pochi secondi esplode in un riff dall’andatura power metal.
“Hate Like You” è un brano cadenzato che richiama alla mente certi episodi di Ronnie James Dio, questo grazie anche alla buona prestazione del cantante sudamericano. Notevole l’ennesimo buon assolo di Marras che va ad impreziosire ulteriormente il pezzo.
Altri episodio interessante è poi “Alone Again“, ballata con la voce accompagnata dal solo piano sulla scia dei Savatage.
Il resto è un alternarsi di composizioni più prettamente hard rock come “The Holy Book” o la buona “The Good Will Rise” ed altri più riconducibili ad un certo power metal come “Shelter From Pain“, in cui vengono chiamati in causa i Sonata Artica.
Sul frangente power si azzardano pure delle incursioni nel sinfonico con “Higher Scope” e la conclusiva “Where Eagles Dare To Fly“. Componenti sinfoniche comunque appena accennate bisogna specificare, non certo presenti in maniera massiccia sullo stile di Nightwish o Epica.
“Wanted Man” è un album di “mestiere”, confezionato da un cantante capace e da musicisti validi, con una buona produzione ed un mixaggio ben fatto. Canzoni con giusta carica, anche se probabilmente migliori nella prima metà del disco: un po’ più standardizzate nella seconda.
L’impressione, a voler essere pignoli, è forse quella di un lavoro fatto uscire con un po’ d’anticipo: è appena di un anno fa l’ottimo esordio dei Sinner’s Blood ed un disco solista del vocalist così immediato può risultare un filo prematuro.
Immaginiamo che un artista come James Robledo sia un vulcano di idee sempre in ebollizione e di certo, dopo i responsi positivi ottenuti con i Sinner’s Blood l’idea di battere il proverbiale ferro finche caldo avrà preso il sopravvento. D’altro canto forse sarebbe stato più proficuo al momento concentrarsi sul prossimo album della sua band ammiraglia e lavorare con più calma a questo suo personale side project
Sia chiaro, “Wanted Man” non è certo da buttare anzi, per gli ammiratori del cantante cileno può essere un prodotto interessante, ma pur nella sua buona fattura non aggiunge e non raggiunge ancora gli standard qualitativi di “The Mirror Star“.
L’esordio solista di Robledo si guadagna comunque una dignitosa sufficienza: tutto sommato si tratta un interessante antipasto in attesa del secondo capitolo dei Sinner’s Blood.
Per la seconda opera in solitaria invece, possiamo aspettare ancora un po’.