Recensione: War Chant
Primo album in carriera per gli statunitensi Thunder Tribe, gruppo che con questo “War Chant” da prova tangibile della propria esistenza incidendo un lavoro ben confezionato, fonte di sicura approvazione da parte dei sostenitori dell’Heavy Metal sanguigno e battagliero.
Negli oltre quaranta minuti di musica che compongono il lavoro, il combo a stelle e strisce dimostra di saper forgiare ottime melodie, sorrette da una serie di riff granitici e da una sezione ritmica compatta e violenta, come del resto vuole la tradizione del genere.
L’opener “More Wicked Than Not”, conferma quanto appena esposto, segnalandosi positivamente per l’ottimo operato svolto dalle due chitarre, in grado di ingaggiare un vero e proprio duello in un intermezzo strumentale perfettamente riuscito e di piacevole ascolto, il quale culmina in una serie di assolo lancinanti, subito doppiati da un refrain semplice ed orecchiabile.
La successiva “Part Of The Black”, si assesta su velocità maggiormente cadenzate che permettono al quintetto di concentrarsi su melodie più ricercate e crepuscolari, le quali si sublimano ancora una volta nel lavoro chitarristico dei bravi Ronnie Duncan e Rick Sargent, protagonisti nuovamente di una serie di parti soliste di primo livello, accompagnate dalla voce del singer, abile nel confezionare un Refrain malinconico ed evocativo.
Sulle medesime coordinate si muove anche la splendida “Echo’s Of A New Day”, traccia che riesce a mantenere l’album su ottimi livelli qualitativi, conservando tutte le caratteristiche tipiche del sound del gruppo e rendendo il tutto molto dinamico e mai banale: la conferma di un songwriting curato e di ottima fattura.
Atmosfere rilassanti e mistiche creano lo sfondo per la breve “Saying Goodbye”, ballad semplice, contaminata da un vago sapore pinkfloydiano, che tuttavia avrebbe potuto avere un maggiore impatto positivo se caratterizzata da un coro più ispirato che, contrariamente alle aspettative, si presenta opaco e poco esaltante.
Il gruppo corregge subito la rotta sulle note della bella “The Light”, nuova ballad malinconica, abile nell’alternare interessanti passaggi acustici ed arpeggiati a momenti più energici, in cui a dominare la situazione sono le evocative melodie vocali interpretate con sapienza da Michael Duncan, vocalist di elevata caratura, in questa occasione molto vicino nel ricordare lo stile di Ozzy Osbourne per un risultato finale davvero eccellente.
Si abbandonano poi le cadenze appena ascoltate, per tornare con successo a fendere l’aria a colpi di un Heavy Metal violento e spietato, spina dorsale della feroce “Believe”. È il buon preludio della solenne Title Track, brano che sembra voler rendere il pubblico spettatore di una cruenta battaglia al cui termine rimane un’atmosfera desolante e carica di mestizia.
La seguente “It’s A Lie” è invece una ventata di aria fresca nel sound del combo americano: interessante e divertente l’agile alternanza di una serie di riff massicci e Sabbathiani a melodie a tratti quasi riconducibili allo stile dei Beatles.
Il gruppo si congeda infine con un ultimo trittico composto dalla orientaleggiante “Fly”, seguita dalla sublime ed elettro acustica “Above The Blue” e dalla conclusiva “Watching It Burn”, episodio nel quale torna ad aleggiare l’ombra dei titanici Black Sabbath per l’ottimo epilogo di un album notevole, preparato da una band forse non originalissima ma molto sicura delle proprie capacità tecniche e compositive.
Una possibile certezza per il futuro.
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