Recensione: War Machine
I Tank di Algy Ward non esistono più. I Tank, “quei” Tank, hanno lasciato il posto a un gruppo che del vecchia guardia – in senso esteso – possiede solamente i due chitarristi Cliff Evans e Mick Tucker e lo storico, glorioso, moniker. Le due asce sopramenzionate, tra l’altro, non facevano nemmeno parte della killer line-up dei primi due dischi. Come sempre accade in occasione di split importanti, dolorosi e fondamentali per l’economia di una band di cotanta portata, alcuni ultras dei Panzer made in UK andranno a riascoltarsi la copia gracchiante in vinile di Filth Hounds Of Hades piuttosto che di Power Of The Hunter per lenire il dolore e la delusione, non degnando nemmeno di un o sguardo – e men che meno un pensiero all’acquisto – War Machine, il nuovo parto in casa Tank, oggetto della recensione. Viceversa, il resto del pubblico potrebbe interessarsi a un’uscita comunque di peso, frutto del lavoro di musicisti sulla piazza da circa trent’anni che portano le stimmate di mille battaglie incise nella pelle. Non ultimo poi, Chris Dale al basso all’interno della line-up, già alle prese, in passato, con il Dickinson solista.
In questo caso l’atteggiamento potrebbe essere: “Poco male, chiusa un’epoca se ne riapre un’altra, anche perché dietro il microfono dei Panzer inglesi c’è nientepopodimeno di Doogie White, vecchia triglia dell’hard’n’heavy britannico, personaggio dal palmares prestigioso, basti citare la Sua militanza in band come Rainbow, Praying Mantis e Yngwie Malmsteen”.
Judgement Day è una possente galoppata sorretta dai riff assassini della premiata ditta Mick Tucker/Cliff Evans che richiama fortissimamente quanto fatto dal mai troppo compianto Ronnie James Dio per via della timbrica d’altri tempi che uno come Doogie White sa elargire senza risparmiarsi. Ammetto che fa uno strano effetto soffermarsi a guardare la copertina del disco e leggere sopra “Tank” dopo un pezzo siffatto, ma tant’è, o ce ne si fa una ragione oppure è meglio passare ad altro. Ancora chitarroni massicci in bella evidenza in Feast of the Devil, brano che pare uscito dalle session di The Headless Cross dei Black Sabbath periodo Tony Martin.
Phoenix Rising ebbi l’onore di ascoltarla in anteprima italiana in mezzo alle prime file degli astanti accorsi da tutto il nord per gustarsi i Tank headliner al The Revenge Of True Metal III di Rovereto (TN), svoltosi l’11 luglio 2009, con il fantasma del buon Ronald James Padavona ancora fortemente aleggiante sui Nostri. Un Rumore di cingoli apre War Machine, altro episodio di estrazione Seventies che vede Doogie autentico e unico mattatore fino alla fine, per oltre sette minuti di dittatura. Sterzata a base di granitico heavy’n’roll in Great Expectations poi è la volta di After All, un lentone adulto che schiaccia l’occhio a quanto David Coverdale e i sui Whitesnake sono usi fornirci.
The Last Laugh ricorda i tedeschi Thunderhead per impeto e impianto con un coro di pregevole fattura. Ancora Black Sabbath fine anni Ottanta in dosi da cavallo all’interno di World Without Pity e tocca alla suadente My Insanity chiudere l’album, ricordando al mondo che Mister Doogie White non è stato il cantante dei Rainbow per caso.
War Machine: classe qua ce n’è da vendere, la nuova era dei Tank è appena iniziata, per chi vuole darLe una possibilità.
Stefano “Steven Rich” Ricetti
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Tracklist:
1. Judgement Day
2. Feast of the Devil
3. Phoenix Rising
4. War Machine
5. Great Expectations
6. After All
7. The Last Laugh
8. World Without Pity
9. My Insanity
Line-up:
Cliff Evans – Guitar
Mick Tucker – Guitar
Doogie White – Vocals
Chris Dale – Bass
Dave “Grav” Cavill – Drums